Coronavirus, è corsa al vaccino: «Ma ci vorranno mesi»
La corsa al vaccino contro il nuovo coronavirus diventa sempre più rapida, con oltre 70 candidati in corsa, alcuni dei quali già arrivati alla sperimentazione sull'uomo, ma la rapidità con cui la ricerca sta avanzando non deve illudere perché la strada dei test è lunga, così come quella per la produzione su larga scala. Ci vorranno «dei mesi prima di poter pensare alla commercializzazione di un vaccino» e per capire quanto «potrà durare la protezione», ha osservato il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli.
«Oggi c'è evidenza», ha aggiunto, che per «due potenziali vaccini negli Usa, uno in Inghilterra, uno in Germania e uno in Cina vi è una fase avanzata di sviluppo. Ma deve essere chiaro che ciò non significa affatto un'imminenza di commercializzazione, ma messa a punto di approcci vaccinali in grado di sviluppare una risposta immunologica protettiva per chi verrà sottoposto al vaccino».
La sperimentazione sull'uomo di un possibile vaccino anti Covid-19 è cominciata in Cina, guidata dall'azienda CanSino Biological e dall'Istituto di Biotecnologia di Pechino, basata su materiale genetico del virus trasportato da un virus reso inoffensivo, dalla Sinovac e dagli Istituti di Pechino e di Wuhan per prodotti biologici che utilizzano il coronavirus SarsCoV2 attenuato; le americane Inovio e Moderna, quest'ultima in collaborazione con l'Istituto nazionale per le malattie infettive (Niaid) utilizzano il materiale genetico del virus.In Gran Bretagna sono appena partiti i test sull'uomo dell'Istituto Jenner dell'università di Oxford, le cui dosi per la sperimentazione sono prodotte in Italia dalla Irbm; la CureVac attiva fra Europa e Stati Uniti, prevede di pianificare in estate i primi test clinici di un vaccino basato sul materiale genetico del virus, così come l'italiana Reithera, che per accelerare il passo ha dato via a un consorzio con la Leukocare di Monaco e la Univercells di Bruxelles.
Un'altra azienda italiana, la Takis, ha cominciato i test preclinici e prevede di poter cominciare in autunno la sperimentazione clinica. Il suo vaccino si basa sul materiale genetico del virus. Altre aziende, come la Janssen (Johnson & Johnson), la Codagenix e l'Istituto sierologico indiano hanno invece scelto la tecnologa basata sul virus intero. Utilizzano parti del virus l'Università australiana del Queensland in collaborazione con la Coalion for Epidemic Preparedness Innovation (Cepi), il Baylor College of Medicine, l'università cinese Fudan University, New York Blood Center, e l'università del Texas; sono impegnate in questo approccio anche le aziende Novavax, Clover Bipharmaceuticals e Vaxart.
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