Smart working durante il Covid: come è cambiata la pausa pranzo
Covid e smart working sempre più nemici della buona tavola. In casa, e nei pasti consumati nei ristoranti. Sembrano pensarla così il 50% dei lavoratori dipendenti italiani che, secondo una ricerca condotta da Praxidia per Elior, ritengono che la pausa in smart working sia più complicata da gestire rispetto al pranzo in ufficio.
In particolare, tra gli intervistati che reputano più difficile gestire il break lavorando da casa, il 39% ritiene che sia più complesso mantenere un menu vario e bilanciato, il 42% percepisce il momento della pausa come meno rilassante con l'impossibilità di staccare davvero dal lavoro, mentre il 49% denuncia una minore possibilità di fare movimento e il 30% pensa di avere meno tempo per se stesso. Per rispondere ai nuovi stili di vita dei lavoratori italiani, secondo l'indagine promossa dal brand leader nella ristorazione collettiva, l'acquisto di cibo e bevande per il break nel turno di lavoro tra le mura domestiche dovrebbe essere digitalizzata, dal momento della scelta, all'ordine e al pagamento per una più agevole customer experience, semplice da acquistare ma anche da scegliere con una chiara lettura delle ricette, degli ingredienti e dei loro apporti nutrizionali e personalizzata, ovvero garantire flessibilità e rispetto dei diversi regimi dietetici.
Con un punto fermo: l'italianità, la genuinità e la tradizione degli ingredienti che sono imprescindibili per il 55% degli intervistati. «L'emergenza sanitaria ha accelerato una crescente flessibilità dei modelli di lavoro - sottolinea Rosario Ambrosino, Amministratore delegato di Elior - a cui rispondiamo con una nuova linea di piatti pronti, buoni e salutari confezionati in Atp, una tecnologia di packaging innovativa che consente l'estensione della shelf-life fino a 10 giorni senza l'uso di conservanti». Consegne a domicilio in crescita ma anche una grande voglia di consumi fuori casa, e di convivialità nei pasti. Secondo una ricerca di Coqtail Milano e Augusto Contract condotta su 400 consumatori e oltre 40 imprenditori del Food&Beverage, nei locali largo a digitalizzazione e sensori touchless ma fondamentale è la creazione di garden, dehors per tavoli all'aperto, così come il supporto di web e social, con la possibilità di ordinare online o di mantenere vivo il rapporto con i clienti.
In cucina garantire la sicurezza rimane un must, come afferma Davide Oldani, chef e proprietario del ristorante D'O: «Tra le prime aree che abbiamo considerato del DÒ c'è stata la cucina. Ho pensato a rifare tutti i pavimenti in resina e ho usato una speciale vernice igienizzante per i tavoli che fa sentire più sicuri anche coloro che devono pulirli dopo l'uso da parte del cliente». Mentre per Claudio Liu e sua sorella Giulia, proprietari rispettivamente di Iyo e Gong Oriental Attitude a Milano, tra le aree più a rischio restano i servizi igienici: «Abbiamo pensato di destinare del personale soltanto a mantenere igienizzato quello spazio specifico dei nostri due ristoranti in modo da avere una sanificazione completa e continua delle maniglie e delle toilette ogni qualvolta che un cliente le utilizza».
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