Natura, lavoro, turismo per dare speranza alle Valli Resilienti
Dare speranza, soprattutto ai giovani, affinché restino nei paesi di origine, in alta Valsabbia e in alta Valtrompia. Fornendo loro strumenti concreti per costruire un futuro sostenibile, sviluppando attività economiche legate alle ricchezze del territorio: agricoltura, turismo, negozi di vicinato, accoglienza. È questo il senso del progetto «AttivAree» sulle Valli Resilienti, che coinvolge 25 Comuni, 17 della Valsabbia e 8 della Valtrompia.
Una iniziativa pluriennale, sostenuta dalla Fondazione Cariplo, partita dall’analisi dell’esistente per riflettere sulle prospettive. Concrete, abbiamo anticipato, per creare occasioni di lavoro, senza il quale è inutile parlare di futuro. I 25 piccoli Comuni, poco meno di 38mila abitanti (soltanto novemila in più rispetto al 1861!), non mollano: con questo progetto, sposato dalle Comunità montane, dichiarano la loro «resilienza». Tradotto: la volontà di affrontare e superare le difficoltà.
Il progetto è stato presentato l’altra sera a Nozza di Vestone, nella sede della Comunità montana. In sala tanti ospiti, al tavolo dei relatori i presidenti delle due Comunità, Giovanmaria Flocchini (padrone di casa) e Massimo Ottelli, il componente bresciano della Commissione centrale della Fondazione Cariplo, Giovanni Peli, il ricercatore Elio Montanari e il direttore del Giornale di Brescia, Nunzia Vallini.Presenze non casuali, queste ultime due, visto che il nostro giornale - in collaborazione con AttivAree - ha svolto e pubblicato una ricerca che fotografa la situazione demografica, ambientale, economica, sociale dei 25 paesi. Identità.
Una indagine, ha sottolineato Vallini, «per individuare gli elementi di identità delle alte Valli Trompia e Sabbia, focalizzando i punti di forza e le debolezze per guardare con speranza al futuro». Perché questi paesi, parole di Ottelli, «sono realtà vive, che resistono, ma hanno bisogno di aiuto per evitare lo spopolamento». Positiva, ha rimarcato Flocchini, la scelta delle due Valli di «lavorare insieme nella stessa direzione per un percorso che durerà anni». Proprio questa condivisione, ha spiegato Peli, è uno dei meriti che hanno spinto la Cariplo a finanziare il progetto, insieme «alla sua sostenibilità ambientale».
La Fondazione, del resto, da alcuni anni sostiene «la filantropia di prevenzione, intervenendo nel settore sociale e in quello ambientale». Elio Montanari, che da cinque anni cura per il nostro giornale la ricerca sulla Qualità della vita nei maggiori 38 Comuni bresciani, ha sintetizzato le caratteristiche delle Valli resilienti. Innanzitutto i punti di forza. A cominciare dalla qualità (alta) dell’ambiente. Non solo le bellezze naturali, ma qualcosa di misurabile, come la bontà dell’acqua e dell’aria. Poi il basso consumo di suolo (4% contro la media provinciale del 12%). Bene anche il tempo libero e la socialità: il volontariato e l’associazionismo, gli utenti delle biblioteche, il numero dei locali di ritrovo. «Elementi - ha sottolineato Montanari - che affermano l’esistenza di comunità vive». Ma ci sono molte criticità su cui lavorare.
Un dato su tutti: mentre la provincia nel suo complesso, fra il 1951 e il 2011, è cresciuta del 47%, nelle Valli resilienti siamo a -96 persone. La tabella a fianco, del resto, è significativa. Criticità. Non solo: nei 25 Comuni si registrano la natalità più bassa, l’età media più alta e il saldo migratorio peggiore della provincia. Da bocciare anche il livello della raccolta differenziata dei rifiuti: nel 2016 soltanto Odolo superava la media provinciale (62%), per il resto si era al 30%.
C’è molto da fare. Situazione non certo ottimale anche per quanto riguarda l’economia e il lavoro. Qui la crisi dell’ultimo decennio ha colpito più duro che nel resto del Bresciano. Poche le nuove imprese, basso il numero degli addetti, inferiore di duemila euro il reddito medio rispetto al resto della provincia (19.753 euro contro 21.617). Un dato segnala l’invecchiamento: il 34,6% della popolazione è titolare di pensioni contro il 28% della media provinciale.
Altro elemento negativo: il deficit di esercizi commerciali. Prevalgono - dove ci sono - i negozi di vicinato. Vedi, ad esempio, l’esperienza positiva di Livemmo dove, con l’aiuto del Comune, due anni fa è stato aperto un negozio in cooperativa. A proposito: l’altra sera il sindaco Flocchini ha annunciato di avere ottenuto dallo Stato i fondi necessari per acquistare un furgone che porterà spesa e pasti caldi a domicilio nelle frazioni di Pertica Alta.
Tornando al tema, c’è un segno positivo che riguarda le strutture di accoglienza e per il turismo: sono il 3,6% della provincia (superiore all’indice della popolazione, 3%). Su questo si deve lavorare, è stato sottolineato: partendo dalle opportunità offerte dall’ambiente bisogna sviluppare il turismo, ma anche l’agricoltura (siamo al numero più basso di addetti dal 1861: 444). Più lavoro significa più residenti, più servizi, più comunità. Le possibilità di investimento ci sono, ha spiegato Raffaele Zubani, direttore della filiale di Sarezzo del Credito Lombardo Veneto: «Ci sono mutui ad hoc per giovani e start up, tanto più necessari in questi piccoli Comuni». Dunque, davanti c’è tanto da fare per «sviluppare le opportunità enormi di questo territorio», come ha detto Peli. Perché le Valli, parole di Nunzia Vallini, siano «luoghi accoglienti dove vivere bene».
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