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La componente corporea dell’ansia

Come possiamo aiutarci quando siamo in ansia?
La componente corporea dell'ansia
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Quante volte entrando in contatto con persone che attraversano un momento di ansia abbiamo cercato di fare del nostro meglio per rassicurarle con parole dolci o spronarle ad affrontare la situazione in modo diverso? 

Ad esempio, di fronte a Maria a cui batte forte il cuore e si blocca quando la professoressa di italiano la chiama per interrogarla, può venir naturale rassicurarla dicendole: «Vedrai che ce la farai!», «stai tranquilla che tanto hai studiato!», «la professoressa non può farti alcun male, non devi preoccuparti!».

Oppure, di fronte a Federico che, quando si avvicina una gara sportiva, si fa pensieroso, non vuole parlare con nessuno e i suoi movimenti trasmettono tutta la tensione che sta provando, può capitare di dirgli: «Stai tranquillo, è solo una gara», «Guarda che sei intrattabile, adesso calmati che andrà bene».

Oppure con Giada, che è agitata per la festa a cui deve andare, quando si irrigidisce e si blocca davanti all’armadio e piange perché ha paura di sembrare ridicola con quel vestito, può venire spontaneo dirle: “Guarda che sei bella, vedrai che ti guarderanno tutti”, “Non è possibile che tu faccia sempre così”.

Quando diamo queste risposte cerchiamo, nel modo più naturale possibile, di fare del bene alla persona che abbiamo di fronte, ma purtroppo queste risposte, nella maggior parte dei casi, non sono d'aiuto ad una persona in ansia

Tutt’altro, quando l’ansia è elevata (in termini scientifici questo viene definito come iperarousal), il nostro cervello, infatti, è meno in grado di riflettere e la sua attivazione è volta a reagire alla situazione che percepisce come pericolo.

Se parliamo ad una persona che è in uno stato di eccessiva ansia può essere che non sia in grado di sentirci, i nostri ragionamenti difficilmente saranno ascoltati e il rischio che corriamo, dando questi tipi di risposte, è quello di aggiungere ulteriore emotività ansiosa alla persona.

Allora come possiamo aiutare una persona che in quel momento non può utilizzare le nostre parole come supporto?

Se non possiamo far breccia nei suoi pensieri, possiamo però far breccia nella componente corporea! Se riusciamo ad aiutare la persona a stare nel presente, per esempio, rilassando il corpo e regolarizzando il respiro, sarà poi possibile trasmettere anche alla sua mente messaggi tranquillizzanti.

Le emozioni sono come delle onde: si alzano fino a diventare altissime, a volte intollerabili, ma poi sempre si abbassano. Nel momento del picco è importante riuscire a stare in attesa, confidando che l’onda passerà, pensando che non ci sono reali pericoli (ovviamente, se davvero la situazione esterna è priva di pericoli reali), senza cercare di contrastare o di negare l'emozione che si sta vivendo.

Aiutando la persona in ansia ad ascoltare i segnali del proprio corpo, a conoscerli e gestirli, possiamo aiutarla a rientrare in quella che, con un termine più specifico, viene chiamata la sua «finestra di tolleranza» (o zona di arousal).

Questo secondo modulo del percorso Don't Panic ha l’intento di potarvi a conoscere la componente corporea dell’ansia, proponendo alcuni esercizi che possono aiutare nella sua gestione, in particolare, a partire dal respiro e dalla consapevolezza del corpo.

È la seconda tappa di un percorso cominciato la scorsa settimana e che vi accompagnerà per 5 moduli alla scoperta delle diverse particolarità dell'ansia.

Nel video di approfondimento trovate le indicazioni spiegate fase per fase per realizzare tutte le attività.

Vi invitiamo a inviarci via mail le vostre schede compilate, condividendo le vostre riflessioni e a scriverci anche in caso di dubbi e difficoltà.

Link utili

LA REAZIONE DI FREEZING

SENZA SFORZO
Meditazione dei 5 minuti


ESERCIZI DI RESPIRAZIONE
Mindfulness sul respiro - 5 minuti (per principianti)
Mindfulness sul respiro - 10 minuti


ESERCIZI DI CONSAPEVOLEZZA DEL CORPO
Pratica del body scan
Mindfulness: pratica del body scan - 30 minuti

Se vi interessa approfondire l’argomento, potete consultare gli studi sulla regolazione affettiva. Si veda per esempio Daniel Hill, «Teoria della regolazione affettiva».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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