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Put Foot Rally, il viaggio delle Pink Mambas attraverso l'Africa

Novemila chilometri dal Sudafrica al Mozambico: ecco il racconto dell’inizio del viaggio delle quattro ralliste
  • L'equipaggio Pink Mambas al Put Foot Rally
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Sudafrica, Namibia, Botswana, Zambia, Malawi, Zimbawe e Mozambico. Novemila chilometri, un fuoristrada, quattro donne che lavorano in progetti di cooperazione internazionale e che ora hanno deciso di mettersi alla prova in un’avventura di quelle toste, il Put Foot Rally

Del gruppo fa parte la bresciana Valentina Prati, assieme a Daniela Balin, Nazzara Pederzani e Cristina Lochis. Colleghe alla ong bergamasca Cesvi, hanno scelto di chiamarsi Pink Mambas per questo viaggio iniziato il 17 giugno e destinato a proseguire fino al 5 luglio. Oltre alla voglia di vincere le proprie paure e al piacere della scoperta, le Pink Mambas hanno un obiettivo molto concreto: raccogliere fondi per le case del sorriso di Cesvi, luoghi che in diverse parti del mondo accolgono donne vittime di violenza, abusi e violazioni dei diritti. Qui potete accedere al crowdfunding, mentre di seguito trovate il racconto del primo tratto di percorso, attraverso Sudafrica e Namibia. E intanto il viaggio continua

 

Put Foot Rally: cantando Vasco in mezzo alla Namibia

 

La linea di partenza era illuminata dai fari dell’auto, altrimenti si sarebbe persa nel buio pesto delle 4:30 del mattino. Ferme nel parcheggio, aspettavamo il nostro turno per il saluto di Daryn Hillhouse. Il fondatore del Put Foot Rally stava augurando il miglior viaggio possibile a tutte le 120 auto e 8 moto in partenza per la corsa benefica a cui stiamo partecipando. «The Pink Mambas! Happy to finally meet you, have a great rally and see you in Namibia!». Flash, foto di rito e via: il Put Foot Rally è iniziato. Ci aspettano 9000 km di strade asfaltate, insabbiate, sterrate, infangate che ci porteranno da Melkbosstrand in Sudafrica a Inhassoro, in Mozambico. 

Le prime tre ore di guida sono al buio totale: solo i fari della macchina (la Ginger) illuminano l’asfalto davanti a noi. Man mano che arriva la luce del sole, preannunciata da uno strappo rosso nel cielo all’orizzonte, iniziano a prendere forma intorno a noi pianure brulle puntellate di arbusti bassi e secchi, incorniciate da montagne di roccia brunastra. Ad un certo punto la strada inizia ad alzarsi e abbassarsi seguendo il dorso di collinette basse.

L’auto comunica con noi attraverso un brontolio costante, che si impenna subito quando mettiamo la prima e la seconda, si anima nell’inserire la terza e si assesta felice sulla quarta; con la quinta, voliamo veloci sulla strada piatta, che alla minima salita la Ginger è affaticata dal suo stesso peso e da quello dell’attrezzatura (tende, cucina, taniche di benzina) che trasporta.

Dopo otto ore di guida veloce arriviamo in Namibia. Il paesaggio diventa ancora più secco, i colori più chiari: la sabbia è più sbiadita, l’erba secca diventa d’argento translucido nel sole del pomeriggio. Enormi massi tondeggianti poggiano qua e là nei campi, arrivati lì chissà come. Lasciamo la strada asfaltata per quella sterrata; saltelliamo insieme alla Ginger mentre procediamo sulla strada battuta, zigrinata, che avrà un nome tecnico ma non sappiamo quale sia. A fianco della strada corrono i binari della ferrovia; le stazioni sono dei cartelli bianchi piantati a fianco della rotaia. Chissà chi mai scenderà qui in mezzo al nulla: l’occhio perlustra l’orizzonte, ma non si vede il minimo insediamento umano. Avvistiamo un paio di branchi di antilopi, che corrono via spaventate e ci guardano da lontano.

Intorno alle 17 arriviamo all’entrata del parco nazionale del Fish River Canyon, dove c’è il campeggio in cui dormiremo così da essere vicine al Canyon, che vedremo l’indomani all’alba. Apriamo le tende sopra la Ginger, e beviamo del vino sudafricano, fresco e fruttato, mentre le salsicce cuociono sul fuoco. Alle 21 chiudiamo già gli occhi sul primo giorno di viaggio, mentre milioni di stelle splendono placide nella via lattea sopra di noi.

Sono 6 mesi che progettiamo questo rally. Sono tante le emozioni che ci hanno attraversato il cuore: eccitazione, paura, coraggio, stanchezza, trepidazione. Ora siamo qui. Siamo solo all’inizio, e ognuno dei paesi che attraverseremo sarà qualcosa di completamente diverso dal precedente; addirittura, ogni posto in cui passeremo all’interno dello stesso paese sarà diverso da quello che avremo appena lasciato. In questo momento ci sembra che questa vita sia già diventata un po’ familiare, come se ciò che di sconosciuto ci stava aspettando sia già stato addomesticato, senza però perdere quel fascino selvaggio ed eccitante che ci ha attirate qui da migliaia di chilometri di distanza.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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