I giorni dell'eternità di Ken Follett
Con le sue 1.216 pagine (con le 999 del primo tomo e le 957 del secondo ammontano, in totale, a ben 3.172) apparentemente non invita alla lettura «I giorni dell’eternità» di Ken Follett, terzo e conclusivo volume della sua «The Century trilogy»; per di più questa nuovo sforzo letterario rischia di spiazzare il lettore neofito (almeno alla partenza) dacché, pur se leggibile a sé stante, il riassunto di quanto è avvenuto è affidato soltanto all’albero genealogico delle casate iniziali e dei loro eredi. Un grave errore però ignorarlo, oppure fermarsi subito, dacché lo scrittore britannico conferma ancora una volta le sue notevoli doti di affabulatore della Storia, doti che lo hanno reso famoso creatore di personaggi a tutto tondo che in essa si muovono accanto a quelli veramente vissuti.
È indubbiamente impresa ardua il raccontare un intero secolo, il Novecento, con i suoi sanguinosi conflitti e le grandi le trasformazioni e conquiste sociali e Ken Follett l’ha affrontata come se dovesse creare un enorme puzzle, mettendo in scena le vicende di cinque famiglie appartenenti a differenti ceti sociali e nazionalità diversa che il destino porterà ad incrociarsi.
Partita il 22 giugno 1911 con l’incoronazione di Giorgio V d’Inghilterra e proseguita con la Prima guerra mondiale e la Rivoluzione russa (tomo 1), proseguita con la Grande Depressione, la presa di potere di Adolf Hitler e la Seconda guerra mondiale (tomo 2), la saga di Ken Follett ora riprende nella Berlino del 1961, prima della creazione del Muro fra la zona occidentale, benestante e capitalista, e quella orientale, povera e comunista per arrivare alla Caduta di esso (una rievocazione che diventa anche toccante) il 9 novembre 1989. Più una fugace appendice il 4 novembre 2008.
Lo scacchiere nel romanzo si è quindi ridotto a due Paesi, gli Usa e l’Urss, ed alla loro Guerra Fredda per imporre la propria supremazia nel mondo, mentre nel ruolo di vittima c’è la Germania Est con i suoi crudeli dittatori, la polizia segreta e mancanza assoluta di libertà.
Da qui il tentativo di fuga di due ragazzi che si amano e vogliono sfondare nel mondo delle musica, ma che solo lui, destinato a divenire famosa pop star assieme ad un amico inglese, potrà portare a termine, dacché lei resta, temendo la sorte della bimba che porta in grembo.
Come nei precedenti, Follett sceglie di trascurare momenti storici importanti (manca, tra le altre cose, la conquista della Luna, dei cui benefici tecnologici oggi viviamo), ma tratta con cura e fedeltà quelli su cui punta l’attenzione: gli anni di John (amanti comprese) e Bob Kennedy, le ardue battaglie civili per il riconoscimento dei diritti dei neri negato negli Stati del Sud con la complicità di Autorità e Polizia, la crisi di Cuba, gli omicidi dei Kennedy e di Martin Luther King, i tentativi di riforma di Chrušcëv, l’Ungheria invasa.
E ancora la restaurazione in Urss (e la denuncia degli orrori in Siberia narrate da un condannato), il trionfo dei Beatles e della musica giovane targata Usa (vedi Peter, Paul & Mary), la guerra del Vietnam e la contestazione giovanile, la droga, il bene e il male del presidente Lindon Johnson. Le menzogne di Richard Nixon, le stragi Cia in Libano sotto la presidenza di Ronald Reagan, la Polonia di Solidarnošc e Lech Walesa, la crisi economica sovietica per le troppe spese militari che portò alla Glasnost di Gorbaciov e al blocco dei finanziamenti agli Stati satelliti, con conseguente caduta della Cortina di Ferro.
Sono eventi vissuti attraverso degli uomini e delle donne «veri» che lottano, credono (ci sono anche due gemelli sovietici, uno dei quali assistente del Cremlino che un poco alla volta capisce la profonda crisi del regime causata dalla grande e piccola Nomenklatura), soffrono (soprattutto a Berlino Est, perseguitate da un vendicativo pezzo grosso della Stasi), forse vincono, ma pur se sconfitte non perdono speranza e voglia di combattere (vedi il nero americano allevato da una ex-attricetta ragazza madre che arriverà alla Casa Bianca).
Ken Follett tiene sempre alti l’interesse e la tensione, cerca di evitare il manicheismo (vedi i fratelli Kennedy elogiati per le idee, ma pure criticati come «opportunisti»), trascura (come purtroppo fatto dopo lo straordinario e ricco di fede «I pilastri della Terra») religione e problemi etici, ma offre anche pregevoli pagine di padri che chiedono perdono ai figli per quanto dato oppure negato loro. Insomma, un esempio e un invito a riflettere.
Marco Bertoldi
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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