Economia

Neosperience, Lesignoli: «Il digitale è un tema antropologico»

Il ceo di Neosperience Lab Lesignoli: «Internet ha regole ferree, bisogna conoscerle o moriremo»
L'e-commerce è diventato uno strumento di uso comune
L'e-commerce è diventato uno strumento di uso comune
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Inconsapevolmente travolti dalla digitalizzazione in ogni momento della vita. «Viviamo in simbiosi con il nostro smartphone; prima di andare in vacanza facciamo ricerche su Internet per raccogliere informazioni su hotel, luoghi di interesse, itinerari; per molti lo smartwatch è uno strumento indispensabile. E tra poco lo saranno gli occhiali che ci connetteranno al mondo digitale grazie all’accordo tra Facebook e Luxottica».

Pochi manager come Luca Lesignoli, il Ceo di Neosperience Lab - società bresciana nata per dare supporto umano, tecnologico ed economico alla trasformazione digitale delle Pmi -, riescono a intraverdere le grandi potenzialità legate alla digitalizzazione delle imprese e le opportunità offerte dai fondi Pnrr.

Il Covid ha accelerato una trasformazione in atto da tempo

 «Fatichiamo a rendercene conto, ma è sotto gli occhi di tutti: le App e i portali web sono e saranno sempre più un intermediario tra noi e le aziende e tra noi e gli enti pubblici in grado di mettere a disposizione nuovi servizi; l’e-commerce è diventato uno strumento di uso comune anche se le aziende in Italia fanno fatica a rendersene conto e a trarne profitto. Mentre nel mondo ci sono quasi 2 miliardi di siti Internet e questo è il canale preferenziale in mercati enormi come Cina o India».

Come affrontare questa trasformazione?

«Spesso gli imprenditori pensano che realizzare un sito internet o assumere un giovane stagista, possa aprire loro un mercato che invece ha regole ferree e molte complessità. Sono necessari investimenti e professionalità mirate. L’approccio approssimativo non funziona, dobbiamo cambiare strategia in tempi stretti. Il Pnrr è lo strumento strategico che ci può far fare un salto di qualità».

Il digitale è una grande risorsa. Pensa i nostri imprenditori abbiano consapevolezza di questa sfida?

«Vedo molti imprenditori e manager che interpretano il digitale come problema meramente tecnologico. Mentre è prima di tutto un problema sociologico e antropologico».

Cosa intende dire?

«Attraverso il browser o lo smartphone dobbiamo essere capaci di rapportarci con gli altri, secondo modi e attese tipiche degli esseri umani. Dobbiamo in altre parole interpretare la "piazza digitale" esattamente come un negoziante o un artigiano viveva la piazza dei nostri paesi 100 anni fa».

Cosa c’entrano le piazze?

«Nella piazza digitale di oggi se viene venduto un prodotto di bassa qualità in poco tempo la cosa vene a conoscenza di tutti. Ma allo stesso modo, se sarò in grado di far entrare il cliente nel mio negozio e venderò prodotti di qualità, la piazza mi farà da cassa di risonanza con un passa parola moltiplicato per mille rispetto al passato. Lo smartphone o il browser sono le finestre su queste piazze e dietro ad uno smartphone o ad un browser c’è sempre un essere umano che cerca esperienze che lo soddisfino».

Quali strategie adottare allora?

«Innanzitutto credo non dobbiamo diventare fornitori di grandi portali e colossi della tecnologia che intercettano volumi di utenti internet ed erodono margine senza darci un ritorno per i nostri prodotti, servizi e territori. E soprattutto dobbiamo fare sistema tra strutture pubbliche e private attraverso il territorio economico, culturale e naturale che ci circonda».

La nuova frontiera è rappresentata il Metaverso?

«Il metaverso è già realtà. Grazie alla digitalizzazione oggi possiamo far vivere ai nostri clienti l’esperienza prima, durante e dopo la loro esperienza fisica di acquisto o di fruizione di un servizio e creare una vera e propria comunità legata alla nostra offerta di prodotti e servizi».

Nel commercio come nella manifattura.

«Lo sviluppo di nuove tecnologie oggi permette di raccogliere e utilizzare i dati in qualsiasi parte del mondo. L’elaborazione di processi massivi aumenta in breve tempo la produttività e riduce drasticamente i tempi per le decisioni. Non solo la sensoristica e l’intelligenza artificiale fanno passi da gigante ogni giorno. Non considerare a fondo questa trasformazione è come combattere con i mulini a vento, perché saranno i consumatori e i cittadini ad obbligare enti e aziende alla digitalizzazione che sarà inevitabile». «Investire in digitale per tutte le imprese, a 360 gradi, non è più una scelta, ma un obbligo non solo per come il mercato si evolve ma per tutte le opportunità che il digitale mette a disposizione anche per la soddisfazione dei dipendenti, la sicurezza sul lavoro e la riduzione dei costi. Non farlo significherà avere meno mercato e minor reddito costringendoci ai margini dell'economia mondiale».

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