Grazie al digital, il lavoro tornerà a «casa nostra»?
È possibile che i processi di digitalizzazione rendano meno conveniente trasferire nei Paesi a basso costo una serie di produzioni? Parrebbe di sì. Il fenomeno lo si era già avvertito (timidamente) in questi ultimi anni ed ha assunto il nome di reshoring, ovvero del ritorno casa di alcune produzioni.
Uno studio, dice che sono gli Stati Uniti (sull’onda degli incentiva del presidente Obama) il primo Paese per re-shoring. Il secondo Paese parrebbe - sorpresa - l’Italia con una o Paese al mondo per re-shoring è l'Italia: ben 80 casi, pari al 40% di quelli europei.
I casi più famosi sono la Panda riportata dalla Polonia a Pomigliano d'Arco, le batterie Fiamm dalla Repubblica Ceca a Fucino, in Abruzzo, e il tonno Asdomar dal Portogallo alla Sardergna. In Germania, terzo Paese al mondo per reshoring, le aziende rientrate in patria sono solo la metà.
Del tema si occupa anche un recente studio della AtKearney ripreso dal Sole 24 Ore nei giorni scorsi. Sotto il titolo «Il cloud rottama la delocalizzazione», il giornale riporta stralci dello studio che misura - per i principali Paesi che hanno sin qui ospitato le aziende delocalizzate - gli effetti del reshoring.
India, Polonia e Filippine sono i Paesi più a rischio da questo punto di vista. Va precisato che lo studio esamina e analizza i possibili effetti per quanto attiene il settore dei servizi e non tanto del manifatturiero. Per quanto riguarda le industrie manifatturiere, nel bresciano c’è il caso della Artsana di Verolanuova che ha fatto rientrare dalla Cina alcune lavorazioni visto che alcune tecnologie hanno abbattuto il costo del lavoro.
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