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Disaster recovery: l'arca di Noè anti-catastrofe per le aziende

Operativa anche in caso di terremoti, alluvioni e incendi. Le proposte e i prodotti di Personal Data
Magnifici.  Soci e  collaboratori insieme. Personal Data sviluppa un fatturato di circa 6 milioni
Magnifici. Soci e collaboratori insieme. Personal Data sviluppa un fatturato di circa 6 milioni
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Sembran sempre cose lontane, cose che capitano agli altri. Sì, certo, partecipiamo al dolore, ci chiediamo come possa essere capitato, corriamo subito a indicare vere o presunte responsabilità. Ma poi si gira pagina. E quindi pensiamo sempre o quasi, che un disastro, un’alluvione, un incendio possa sì capitare. Ma agli altri.

«Se non facciamo quello che dobbiamo, accadrà quel che temiamo». È un motto che andrebbe ben scritto con evidenza. L’Emilia è vicina. E quindi, per arrivare alle aziende e ad aree a noi vicine, il terremoto arriva in Emilia mentre le bombe d’acqua ormai non son più un fenomeno raro. Quel che è capitato a settembre a Livorno, per dire, ne è un esempio. E questo solo per parlare di disastri naturali. Poi ci sono quegli altri: per esempio aziende bloccate da hacker: o mi paghi o non riparti. Un fenomeno, quest’ultimo, in veloce crescita. E quindi bisogna pensarci prima che le cose capitino. È un po’ come le assicurazioni: si spera di non averne necessità, anche se è un po’ seccante, diciamocelo, pagare la polizza. Avanti, anche nel disastro.

Daniele Tamiozzo e Giuliano Tonolli - © www.giornaledibrescia.it
Daniele Tamiozzo e Giuliano Tonolli - © www.giornaledibrescia.it

Da una decina d’anni, quelli di Personal Data fanno questo mestiere. Non solo questo, ma anche questo: si sono specializzati in disaster recovery, ovvero installano sistemi informatici che duplicano i sistemi della vostra azienda e che sono in grado, per l’appunto, di garantire continuità all’azienda in caso di disastri. La cosa, fino a qualche anno fa era appannaggio soprattutto di grandi gruppi, magari di banche. Se il centro di controllo di una banca va sott’acqua è un gran problema, per la banca e i clienti soprattutto. E così capita per le aziende: che accade con i fornitori, i clienti da servire o quelli cui bisogna fatturare? È come un’assicurazione. E allora bisogna fare questa sorta di polizza: avere un sistema di disaster recovery. Per dire di alcuni clienti di Professional, le bresciane Vigilanza Group e Tovo Gomma, la veneta Veritas, maggior multiutility del Veneto.

C’entra tutto questo con il 4.0? Evidentemente sì, visto che si tratta di tenere vivi e in sicurezza i dati dell’azienda. E quindi, ad evitare equivoci, questi sono investimenti che godono delle agevolazioni fiscali. Domanda: ma quanto costa immaginare una struttura disaster recovery? Dipende. Naturalmente quando parliamo di duplicare sistemi per far riavviare l’azienda è evidente che il posto dove stanno questi dati deve essere lontano (almeno un 80-100 km) dalla sede in cui è avvenuto il terremoto o l’alluvione.

E poi - spiega Giuliano Tonolli cui fa capo il 60% dell’azienda col socio Daniele Tamiozzo, l’altro 40% è del gruppo Project di Bergamo - dipende da dove lo si vuole collocare: sede propria o altro, per esempio un data center? Ma, soprattutto, dipende dal tempo in cui si vuole ripartire e dalle funzioni aziendali «duplicate» che possono variare da una a X. Si parte virtualizzando. C’è un passaggio che è in qualche modo preliminare a tutto questo. Ed è quella che viene chiamata la virtualizzazione. Processo ormai in atto in molte aziende con la eliminazione dei tanti server. Ne basta uno. Si risparmia energia, spazi e costi operativi. Diciamo che si è centralizzato e, parallelamente, si è virtualizzato (dico delle ovvietà per chi queste cose sa): sostanzialmente ci sono desktop virtuali, non è che ognuno in ufficio o azienda ha un suo pc perchè con la centralizzazione ci si collega al centro da ogni parte.

Per quanto fatto in Bauli (225 utenti operativi in produzione e ufficio e altri 150 con possibilità di accedere alle applicazioni mobili), PersonalData ha ottenuto l’Honorable Mentions dall’americana Cirix (unica italiana). E quindi bene la virtualizzazione e bene la centralizzazione. Ma questo significa anche che - avendo un solo server - si può anche essere più vulnerabili. Da qui l’ipotesi di valutare un progetto disaster recovery. Meditate gente, meditate.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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