Sunspace, l’intonaco bresciano che si mangia le polveri sottili
Bocciati sull’ozono, ora si conta per le polveri sottili. Ai 101 giorni di supero per l’ozono segnalati nel rapporto di Legambiente, si prevedono entro fine anno gli sfori di Pm 10. Lo mostrano i dati Arpa riportati sul sito del Comune di Brescia: su 35 giorni di supero permessi all’anno, la centralina del Broletto ne conta già 27, Rezzato addirittura 71. Se la nostra città continua a guidare la classifica lombarda dell’aria più inquinata, c’è però anche una tendenza inversa. Sono i progetti innovativi che, sfruttando le tecnologie 4.0, si impegnano a fare aria pulita. E che rendono la ricerca bresciana un’eccellenza a livello internazionale.
Sunspace è il frutto di uno di questi. È un nuovo materiale, diventato un intonaco, capace di intrappolare il particolato atmosferico. A inventarlo è stato il gruppo di ricerca guidato dalla professoressa Elza Bontempi nel laboratorio di Chimica per le tecnologie di Ingegneria meccanica per il progetto Basalto (finanziato da Regione Lombardia e da Instm). Iniziato nel 2016 nell’ambito della call Horizon dell’Unione Europea e conclusosi definitivamente a luglio scorso con il brevetto di Sunspace, Basalto aveva come obiettivo la realizzazione di materiali sostenibili in grado di catturare le polveri sottili. E il team c’è riuscito, prendendo a modello il più efficace dei cacciatori: le foglie.
Proprio come le foglie che imprigionano le polveri, anche Sunspace funziona come contenitore del Pm e si rigenera da solo. Vera doppietta ecologica, questo intonaco è formato da scarti industriali e materiali a basso costo, come la silica fume, gli alginati e il bicarbonato (la sigla sta infatti per SUstaiNable materials Synthesized from by-Products and Alginates for Clean air and better Environment). Dalla loro combinazione è nato un materiale con minuscoli pori a forma di coni di bottiglia, capaci di assorbire fino a 30g/m2 di polveri sottili - un valore con due ordini di grandezza superiori a quello delle foglie (20-70ug/cm2).
«All’inizio realizzavamo delle "formine", servendoci anche di una stampante 3D - racconta Alessandra Zanoletti, ingegnere ambientale che a breve concluderà il dottorato con una tesi su Basalto -. Poi ci è venuta l’idea di applicarlo ai tetti e alle pareti, quindi di realizzare un intonaco. Così abbiamo creato una versione di Sunspace adatta allo spruzzo e ai pennelli». Un test dopo l’altro, Sunspace ha superato la prova di efficacia a contatto con i fumi di candela, sigarette, autostrade, aziende, motori diesel, incensi. E poi anche quella di resistenza agli agenti atmosferici, testata su un tetto dell’università. «Il grande vantaggio dell’intonaco è inoltre che si rigenera da solo - continua la ricercatrice -. La pioggia lava via i metalli più pesanti, che quindi, immaginando un edificio interamente rivestito, finirebbero negli impianti di depurazione delle acque». In più, costa pochissimo: 0,6 euro al metro quadrato.
L’unica pecca? L’estetica carente: «Il colore grigiolino non piace alle persone, ma per ora l’unica alternativa è il bianco. Proveremo a inserire i pigmenti, che però potrebbero ostruire i pori». Aziende fatevi avanti. Nel frattempo, bello o brutto che sia, l’intonaco sta riscuotendo successo. A febbraio il progetto Basalto ha ricevuto il riconoscimento Italiadecide alla presenza del presidente della Repubblica, a maggio è stato il turno del Premio Oscar Masi dell’Airi.
Il 9 novembre a Venezia è stato consegnato il premio Alta Formazione alla prof.ssa Bontempi dall’associazione Itwiin, che riconosce le donne più creative in campo scientifico e tecnologico. Non resta che da trovare un’azienda che scelga questa rivoluzione green nell’edilizia.
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