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Nuovi colleghi: «Piacere, sono cobot e sono collaborativo»

Robot leggeri affiancano chi lavora. I primi casi nel Bresciano. Il dilemma: abbattono l’occupazione?
Un cobot, ovvero un robot-collaborativo - © www.giornaledibrescia.it
Un cobot, ovvero un robot-collaborativo - © www.giornaledibrescia.it
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Più che un robot un vero e proprio collega. La cosiddetta terza rivoluzione industriale, quella dell'automazione, aveva portato negli stabilimenti di tutto il mondo macchine in grado di sostituire completamente il lavoro umano. La quarta invece, ricalcando a pieno la centralità dell'uomo che ne anima ogni aspetto, vede la persona come protagonista e la macchina come assistente.

Si chiamano cobot (robot collaborativi) e vengono indicati come abilitanti nel processo di digitalizzazione. Le loro peculiarità sono l'essere molto più snelli e sicuri, tanto da poter essere posizionati al di fuori dei reparti e non celati dietro gabbie di protezione in un rapporto di totale convivenza fisica con il lavoratore. Costano relativamente poco (si trovano persino a 25 mila euro) e garantiscono una precisione che solo gli algoritmi matematici e la sensoristica sono in grado di dare.

Queste loro caratteristiche stanno facendo sì che il loro utilizzo si stia facendo man mano sempre più pervasivo, grazie anche alla loro capacità di apprendere work in progress. Nel bresciano sono già diverse le realtà aziendali che hanno investito sui cobot (Gruppo Camozzi, la Sabaf di Ospitaletto) mentre molte altre ancora ne stanno valutando un potenziale impiego (su tutti la Metalwork di Concesio).

Ma come funzionano nello specifico? Come già sottolineato i cobot non vanno a sostituire il lavoro dell'operatore ma ne completano le capacità, inserendosi per adempiere a lavori di estrema precisione o per attività molto pesanti (aeree o sollevamento di carichi). Ad un aumento della produttività corrisponde quindi una maggiore libertà della persona, sgravata da tutte quelle operazioni a basso valore aggiunto. Questa valutazione si riflette anche sugli sviluppi futuri di tale mercato.

Secondo i dati forniti da Markets&Research, società di ricerca irlandese, il business globale dei cobot dovrebbe crescere dai 175 milioni di dollari del 2016 a una previsione di quasi 4 miliardi di dollari nel 2021, con un tasso di crescita annuo di circa l'85%. Ciò sarà dovuto anche e soprattutto dai massicci investimenti che grandi società dell'automazione stanno facendo in termini di sviluppo. I GruppI Abb, Yuka, Mitsubishi, sono solo alcune delle multinazionali in corsa per immettere sul mercato cobot sempre più performanti (Amazon ha acquisito una società produttrice già nel 2012).

A questa lista si è aggiunta recentemente anche la Comau (gruppo Fca), che però ha scelto una strada diversa: portare i robot collaborativi nelle case, un cobot domestico, per così dire. E.Do è il cobot made in Torino che dal 31 gennaio 2018 è acquistabile online ad un prezzo di non oltre 4.900 euro.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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