Nuove tecnologie per recuperare calore: insieme si può fare
A costo d’apparire banali si potrebbe dire che è un po’ la scoperta dell’acqua calda. Ma sarebbe, appunto, banale. Anche perchè, più che di scoperta dell’acqua calda, nella nostra storia si racconta di come la si potrebbe usare meglio questa acqua calda, risparmiando un sacco di soldi e mettendo una toppa ai problemi dell’ambiente. Nuovi modi - sperimentali - per recuperare calore. Di questo si tratta.
La storia di oggi riguarda tre, anzi quattro, aziende bresciane: la Turboden (diciamo pure fra le aziende leader al mondo nella produzione di impianti per il recupero di calore), la Ori Martin (acciaieria cittadina, fra le più avanzate nell’uso di nuove tecnologie), A2A (che non necessita di alcuna presentazione) e il Csmt, ovvero il centro che sorge accanto alla facoltà di Ingengneria e che si occupa di ricerca, trasferimento tecnologico e ricerca di fondi e che ha nell’Aib l’azionista di riferimento.
E veniamo al progetto. Sullo sfondo, come accennato, c’è il tema ambientale e di recupero energetico collegato al bando europeo Life che mette sul piatto 450 milioni (si veda anche il box qui sotto) per progetti di sostenibilità ambientale e che incoraggia le aziende a mettersi insieme (almeno due) per fare, per l’appunto, progetti di sostenibilità ambientale. Non è una fisima: basti dire che dopo vent’anni che si parla di fonti rinnovabili siamo qui a registrare che l’84% dell’energia che serve per riscaldare le nostre case viene ancora da combustibili fossile. La cosa appare ancor più incomprensibile se si considera poi che esiste una quantità enorme di calore, derivante da processi industriali di vario genere, che va sprecata, viene dispersa. In gergo li chiamano «cascami termici» ma è roba preziosa se si considera che si tratta di acqua a 70°, pochi per essere utilizzata per creare vapore da essere poi immesso in una rete di teleriscaldamento come quella di Brescia (ne servon 100°) ma tanti se si consideri che, per una doccia, ne bastan la metà.
A questo punto della storia entrano in campo le aziende e i progetti, che sono due. L’idea è dello scorso anno: Turboden, Ori Martin, A2A e il Csmt decidono di lavorare ad un progetto dimostrativo per portare su scala industriale due tecnologie innovative. La prima si chiama Lhp (Large heat pump) ed è sorella delle pompe di calore che si utilizzano nelle nostre case, solo più grande, ed è in grado di recuperare calore a bassa temperatura. La seconda tecnologia è un po’ più sofisticata: si chiama Gex (o espansore di gas) ed è una soluzione - come scrivono i tecnici - «per migliorare l’efficienza energetica nella distribuzione di gas naturale in ambito industriale e nella infrastruttura di distribuzione del gas».
In pratica: come produrre elettricità sfruttando la riduzione della pressione del gas dal livello di erogazione a quello richiesto dagli utenti. Il doppio progetto scatterà ufficialmente dal primo giugno, costerà 6,5 milioni in due anni e l’Europa lo sosterrà con 2,5 milioni a fondo perduto. Si parte. E quindi e in pratica adesso verranno installat in Ori Martin due impianti. Il primo - quello della mega pompa di calore - da circa 5-7 MWth per alzare la temperatura dell’acqua da 70° a 100° (per poi immetterla nella rete A2A) e si studierà la possibilità di installare un impianto Gex da 1 MW. Il tutto consentirà, oltre a interessanti risparmi per le aziende, di evitare emissioni in atmosfera di 5.750 tonnellate di CO2. E questo farà bene a tutti.
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