Non in ogni casa, ma in ogni azienda: sarà cobot-rivoluzione
Non in ogni casa ma di sicuro un cobot in ogni azienda. La robotica collaborativa è la tecnologia che più delle altre sta riscuotendo successo in ambito produttivo, grazie ad un costo degli investimenti non elevato e alla flessibilità che tali macchine sono in grado di garantire.
Nel novero dei massimi esperti italiani e internazionali di robotica c'è Antonio Bicchi, senior scientist all'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e docente all'Università di Pisa, in prima linea nel diffondere il verbo dei cobot. Ospite dell'assemblea dell'Afil nei giorni scorsi presso la sede di Abb a Dalmine), Bicchi ha gettato luce su quello che c'è da aspettarsi nei dieci anni, «periodo in cui ci dobbiamo preparare ad una rivoluzione totale».
I robot collaborativi stanno facendo registrare una crescita vertiginosa all'interno delle fabbriche e nel mondo dei servizi, un trend questo che è destinato ad impennarsi col passare del tempo». Perché l'automazione è ormai il passato «e le aziende acquisteranno sempre meno robot tradizionali, dato che quasi tutte ormai ne sono provviste». Il business quindi guarda alla collaborazione uomo-macchina, dove quest'ultima si pone come complementare all'attività delle persone. «La vera sfida per la robotica collaborativa risiede nella capacità di presa dei bracci meccanici - spiega Bicchi -, per la logistica nella pallettizzazione e depallettizzazione di beni e merci, soprattutto quando queste sono deformabili».
Le capacità di una mano umana sono infatti difficilmente replicabili attraverso la tecnologia ed è proprio in questo ambito che Antonio Bicchi ha concentrato i suoi sforzi. È lui il padre della mano artificiale realizzata nel 2015 e frutto della collaborazione tra Iit e Inail, prodromo di quello che è ora la sua nuova fatica scientifica. «L'abilità di afferrare oggetti con differenti forme e dimensioni è un ambito sul quale si sta lavorando in tutto il mondo - spiega il professore -. Al momento però siamo molto indietro e anche i grandi attori internazionali faticano ad ottenere risultati soddisfacenti».
Da Google alle grandi case internazionali di robotica (compresa Abb) tutti stanno cercando di fare quel grande passo che permetterebbe ai cobot di diventare dei veri e propri assistenti imprescindibili. «Sono stati pensati per lavorare con gli umani e non al loro posto quindi non mi immagino scenari apocalittici in cui si perderanno migliaia di posti - afferma Bicchi, che in passato si è concentrato anche sullo studio della sicurezza legata all'utilizzo di tali macchine -. Un robot collaborativo permette all'operatore di fare molta meno fatica e persino di svolgere le sue mansioni rispettando al meglio l'ergonomia».
La tecnologia principale. Grazie alla sempre maggior potenza e precisione dei sistemi di machine learning e all'utilizzo di sensori e telecamere, una strumentazione può analizzare di volta in volta qual è la posizione migliore nel quale collocarsi per ridurre al minimo gli sforzi dell'uomo. Tutti questi elementi, sommati alla prossima seppur non vicinissima capacità di afferrare qualsiasi oggetto, rendono i robot collaborativi la tecnologia principe della rivoluzione 4.0. «Esistono tanti altri progetti, quale ad esempio quello di un telescheletro comandato in remoto tramite device indossabili, che può operare in ambienti difficili al posto dell'uomo». dice Antonio Bicchi. Ma se si potesse scommettere su quale innovazione il professore punterebbe la classifa fiche si può star certi che la scelta cadrebbe sui cobot.
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