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«Essere 4.0? Non è riempire l'azienda di tablet: ecco cosa serve»

Parla Claudio Morbi, fondatore di Stain, che assicura: «Sul digitale nell'impresa c'è più consapevolezza, ma anche troppi protocolli proprietari»
Claudio Morbi, fondatore di Stain - © www.giornaledibrescia.it
Claudio Morbi, fondatore di Stain - © www.giornaledibrescia.it
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A che punto siamo? Che consapevolezza c'è nelle aziende sull'uso delle tecnologie digitali? Le conoscono, sanno cosa sono, hanno idea da dove cominciare, ci sono resistenze o tappeti rossi? E se diamo un po' per scontato che i grandi si sian mossi e stanno andando avanti, gli altri, il gran mare delle medie e delle piccole nostre aziende, che dicono, che fanno?

Con Claudio Morbi, ingegnere e fondatore della Stain, si traccia un breve rapporto - sommario come lo può essere una chiacchierata - a tre anni dall'avvio del piano Industria 4.0, oggi Impresa 4.0.

E dunque ingegnere: come vede il quadro complessivo?

«C'è sicuramente più consapevolezza. Parlare di digitalizzazione in fabbrica non è più una sorta di tema a bassa priorità. La sensibilizzazione sul tema gradualmente si diffonde grazie anche ai risultati ottenuti da chi questi strumenti (le macchine, il software, la formazione) li ha installati e praticati.

Un effetto lo ha avuto anche il potente piano di agevolazioni fiscali...

«Certo che sì. E questo è servito molto agli esordi. Adesso credo di poter dire che è aumentata la consapevolezza di questa nuova frontiera. Con o senza agevolazioni, anche se ovviamente una spinta positiva dal Fisco non è certo sgradita. E questo vale anche per le realtà più piccole. Certo, se per l'interconnessione venissero sempre adottati i protocolli standard di comunicazione già esistenti, con cui le macchine trasmettono e ricevono informazioni, l'introduzione del digitale sarebbe di molto agevolato.

Imprese e digitalizzazione: un momento della visita di Stain e GdB in Beretta Spa a Gardone Vt - © www.giornaledibrescia.it
Imprese e digitalizzazione: un momento della visita di Stain e GdB in Beretta Spa a Gardone Vt - © www.giornaledibrescia.it

Spieghi meglio: la standardizzazione dei protocolli? Di cosa parliamo?

«Troppi i protocolli software proprietari che usano i produttori di macchine e sistemi produttivi. Bisogna arrivare ad una semplificazione che faciliterebbe l'interconnessione delle macchine. È il mercato - quindi le aziende utilizzatrici - che dovrebbero chiedere più omogeneità nei protocolli software delle macchine, facendoli diventare una delle specifiche di acquisto. E questo agevolerebbe tutti, Industrie, Pmi, costruttori e software. Manifesto, come usa dirsi, una speranza...

Lei dice in sintesi: bisogna semplificare il panorama.

«Sì. Da una parte i produttori di macchine dovrebbero semplificare il panorama arrivando a scegliere un unico protocollo standard utilizzato da tutti e dall'altra noi - fornitori di software - non dovremmo avere alcun dogma sugli strumenti da adottare poi nelle aziende per introdurre tecnologie 4.0. Dobbiamo essere, da questo punto di vista, laici. Il nostro obiettivo è unico: fornire dati certi e sicuri in maniera facile. Poi lo strumento può essere il pc, il desktop, lo smartphone, il tablet. Ma, aggiungo io, anche una semplice lampadina che lampeggia per segnalare un fuori standard. Non importa di che colore sia il gatto purché prenda il topo. Dobbiamo adattarci alle esigenze di digitalizzazione e alla struttura delle aziende e avere una cassetta degli attrezzi multiuso. Per dirla ancora più chiara: sei 4.0 se guadagni di più con le informazioni certe, integrate e condivise, non se riempi di tablet l'azienda.

Il futuro vede incrociati i destini digitali di grande e piccole aziende - © www.giornaledibrescia.it
Il futuro vede incrociati i destini digitali di grande e piccole aziende - © www.giornaledibrescia.it

Torno un attimo a quel che diceva più sopra. Diciamo che in generale si registra più attenzione, più sensibilità al tema 4.0 da parte delle imprese. C'entra il Fisco, come ci siam detti, ma c'è altro?

«Ovvio che sì. Ormai le industrie, sia grandi che piccole, sono quasi costrette ad essere 4.0 per aumentare l'efficienza dei processi per rimanere competitive sul mercato. Ma c'è anche altro. Ad esempio alcune aziende cominciano a vedere che se hanno dati certi, continui e affidabili possono alimentare programmi di A.I., di intelligenza artificiale per ottimizzare processi e prodotti. E quindi qui noi ci poniamo come fornitori, come alimentatori del «lago dei dati» cui attinge l'A.I.

Cambiando parzialmente registro. C'è un tema che ricorre e che attesta il riscontro che le tecnologie 4.0 stanno avendo nelle aziende: ovvero la ricerca di personale qualificato, di tecnici ed ingegneri. È una carenza che rischia di essere un limite alla crescita.

«Lo è. Noi stessi ne stiamo cercando. Siamo in 25 e presto arriveranno due nuovi giovani colleghi, ma nonostante ciò siamo costantemente alla ricerca di tecnici che siano ad un tempo appassionati di software ma, direi più in generale, appassionati di fabbriche, di qualcuno interessato al mondo dell'industria e in grado di fornire all'industria stessa soluzioni per una migliore informatizzazione. Il nostro lavoro è progettare software semplici da utilizzare, ma performanti per impianti H24. In altre parole: semplificare la complessità. Una sfida ardua, ma, allo stesso tempo, estremamente stimolante e gratificante.

Il futuro è nel manifatturiero. Con il digitale in campo - © www.giornaledibrescia.it
Il futuro è nel manifatturiero. Con il digitale in campo - © www.giornaledibrescia.it

È in qualche modo paradossale che oggi che ci sono le tecnologie non si trovino tecnici. Per qualche azienda industriale la cosa sta diventando un grande problema.

«È così. Mi sembra che nei giovani ci sia la convinzione, errata, che le industrie siano un po' old style. Sei innovativo solo se sviluppi app. La vera frontiera del futuro sono le aziende manifatturiere: qui c'è tanta innovazione, tanta passione e grandi competenze. Penso che su questo aspetto di comunicare quanto sfidante sia la produzione, tutti noi dobbiamo dedicare la giusta attenzione: sappiamo fare molto bene prodotti, ma poi è importante anche "far sapere", come si dice, per essere sempre più attrattivi verso i giovani talenti. E questo vale anche nei confronti delle aziende più piccole.

In che senso? Perché devono far sapere anche alle aziende più piccole?

«Perché il sistema funzioni, i territori  - come usa dirsi oggi -, devono crescere insieme. I gruppi più strutturati devono in qualche modo stare vicini ai più piccoli, aiutarli a farli crescere perchè così cresce l’intero territorio. Da questo punto di vista mi piace ricordare il caso della Beretta di Gardone, a cui rinnovo i ringraziamenti, per aver ospitato due nostri open house, l'ultimo il 12 settembre con un bel gruppo di imprese e tecnici che non erano riusciti a partecipare all'approfondita visita di giugno. Questo secondo me è la metodologia vincente e uno dei modi per fare veramente rete: condividere le esperienze. Non si tratta ovviamente di rivelare alcun segreto industriale, ma il management Beretta, nei due incontri, ha indicato il percorso di digitalizzazione che l'azienda ha fatto e sta facendo. Poi ognuno si regolerà come crede all'interno della propria.

Claudio Morbi di Stain durante un incontro in Beretta - © www.giornaledibrescia.it
Claudio Morbi di Stain durante un incontro in Beretta - © www.giornaledibrescia.it

Un po' il modello giapponese: grandi e piccoli insieme in uno scambio di idee e esperienza.

«Esattamente. Questo del parlarsi, del far girare idee, è l'idea che sta alla base di una iniziativa che la Stain attuerà dalle settimane prossime. Si chiamerà Meeting Experience: un gruppo di imprenditori e tecnici attorno ad un ampio tavolo per parlarsi, appunto, e scambiarsi esperienze».

L'AZIENDA - STAIN

Stain da oltre 30 anni affianca le aziende nello sviluppo di soluzioni MES (Manufacturing Execution System) per la raccolta dei dati di produzione, gestione della logistica, della qualità, delle attrezzature e della manutenzione. Oggi è riconosciuta dal mercato come azienda leader con uno specifico know how sia per il settore Metal che per il manifacturing (Alimentare, Automotive, Rubinetterie, Pressofusioni, Stampaggio, Meccanica e molti altri). I dati raccolti dai Mes Stain viaggiano con la stessa velocità dei pezzi e con la stessa precisione con cui i prodotti sono fabbricati.

Quello che contraddistingue Stain è la metodologia che applica nell' informatizzazione dei processi produttivi, per far si che la digitalizzazione diventi un vero vantaggio competitivo. Stain può contare su un team di sviluppatori software altamente qualificati, che, oltre ovviamente a capacità di programmazione, hanno un know how specifico nell'ambito industriale: conoscono bene la produzione, la logistica, la qualità e la manutenzione. Ma non solo. Conoscono bene anche gli operatori e il loro modo di lavorare. Questo consente all'azienda di scegliere gli strumenti e le tecnologie più adatte al processo e alle persone che le utilizzeranno perché siano percepite come un vantaggio da tutti e non un peso. In questo modo Stain accompagna le aziende in tutte le fasi del loro processo di digitalizzazione.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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