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Con la stampa 3D la complessità non costa, ma le Pmi sono fredde

Un sistema di produzione che elimina molti passaggi, il quadro del mercato: in uso in 10mila aziende
Le aziende italiane mediamente sono caute nell’acquistare e sperimentare una stampante 3D - © www.giornaledibrescia.it
Le aziende italiane mediamente sono caute nell’acquistare e sperimentare una stampante 3D - © www.giornaledibrescia.it
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Che la si chiami stampa 3D o additive manufacturing le recenti ricerche sottolineano come, anche per il 2018, tale tecnologia sarà una di quelle che potrà contribuire maggiormente alla diffusione del paradigma 4.0. Gli impatti dirompenti si faranno sentire su diversi processi aziendali, dalla prototipazione sino alla produzione diretta di componenti e oggetti.

Secondo LUX Research, società americana specializzata nell'elaborazione di previsioni sul digitale, la stampa 3D sarà nel 2018 la seconda tra le tecnologie per tasso di crescita e diffusione, dietro solo al machine learning. Per chi ancora non avesse avuto modo di vedere in azione una qualsiasi stampante 3D (ne esistono molte, in funzione del processo meccanico o chimico con cui operano e del materiale impiegato, dai polimeri, resine, gesso fino alle polveri metalliche), il principio di funzionamento è abbastanza semplice: la produzione non avviene più per asportazione di materiale dal pieno, bensì si parte da un modello 3D (virtuale) e poi si stampa strato dopo strato, all'incirca come accade nelle comunissime stampanti ad inchiostro che abbiamo in casa o in ufficio. Il prodotto quindi cresce per addizione invece che essere realizzato per eliminazione di materiale.

Nonostante la definizione apparentemente non complicata, questo approccio inverso abilita una serie di benefici non da poco, validi per imprese di svariati settori (valvolame, automotive, calzaturiero, machinery, giusto per citarne alcuni) e dimensioni (dalle piccole alle grandi aziende). Grazie all'additive manufacturing è possibile produrre e realizzare prodotti con forme e geometrie impossibili con tecnologie tradizionali, svincolando i progettisti dai classici limiti delle produzioni per asportazione. Ciò implica anche una (quasi) completa indipendenza del costo di produzione dalla complessità del pezzo da realizzare, nonché spese totalmente non influenzate dalla dimensione del lotto da creare.

La stampa 3D elimina infatti i passaggi intermedi di realizzazione di utensili e stampi nel passaggio da concept a oggetto fisico, garantendo un singolo prodotto, personalizzato secondo i gusti e le necessità di uno specifico cliente, in modo economicamente conveniente (come lo sarebbe produrlo su larga scala). Infine il processo produttivo può essere avviato disponendo solo di un modello digitale dell'oggetto e di una stampante.

I principali ambiti applicativi della tecnologia riguardano invece la prototipazione rapida, quella indiretta (realizzazione di strumentazione necessaria per la produzione dei prodotti), diretta (prodotti finiti) e parti di ricambio. Pmi, sveglia. Per le Pmi di tutta Italia, ma non solo, l'additive manufacturing rimane però ancora relegata al campo della progettazione. Si stima infatti che nel 2017 siano state vendute circa 350.000 stampanti, di cui il 98% per uso consumer. Ne consegue che i sistemi additivi venduti per uso industriale siano inferiori alle 10.000 unità, in lieve crescita (un modesto +2%) rispetto al 2016. Una crescita che ci si aspetta possa diventare più significativa nei prossimi tempi anche grazie all'ingresso di nuovi player sul mercato, HP su tutti.

 

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