GdB & Futura

Intelligenza artificiale, le imprese bresciane alla prova dei dati tra rischi e vantaggi

Michele Maestroni
La tecnologia e le sue sfide al centro dell’incontro al Museo Mille Miglia che ha chiuso GdB&Futura
  • Intelligenza artificiale, l'incontro conclusivo di GdB&Futura
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Algoritmo, bot, big data. Machine learning e supercomputer. Di intelligenza artificiale non si è mai parlato tanto come oggi. Termini specialistici che una volta appartenevano alla cerchia degli informatici e degli ingegneri e che ora sono entrati nell’uso quotidiano di tutti. Ma alla definizione di intelligenza artificiale non appartengono solamente generatori di testo sofisticati come il tanto discusso ChatGpt o gli assistenti vocali che rispondono a ogni nostra richiesta come l’Alexa sviluppata da Amazon. Oltre agli usi domestici ci sono quelli industriali. E le aziende, anche quelle bresciane, hanno cominciato a utilizzare complessi sistemi di dati per migliorare la produttività, diminuire le spese e rimanere al passo con i mercati.

Il tema

Opportunità e rischi. Su questo doppio binario si è sviluppato anche il dibattito tra i partecipanti dell’ultimo incontro di GdB&Futura (potete rivedere l'appuntamento qui sotto), l’inserto che il Giornale di Brescia ha dedicato alle storie delle imprese che puntano sulla transizione ecologica e digitale.

GdB&Futura - Intelligenza artificiale e impresa: potenzialità e rischi

Negli spazi del Museo Mille Miglia, moderato dal giornalista Stefano Martinelli, si è aperto con il saluto di Ludovico Monforte, project manager di Futura Expo, e di Lorenzo Parigi, amministratore delegato del Gruppo Bonera. Poi gli interventi dei partner Michele Torri, presidente di Torri Solare, Davide Peli, presidente e ceo di Techne, ed Ernesto Medeghini, ceo di Progetto 6.

Margini di guadagno

Il primo ad affrontare direttamente il tema è il professore associato di Meccanica applicata alle macchine dell’Università di Brescia Alberto Borboni che ha illustrato l’impatto dell’adozione dell’intelligenza artificiale nel settore manifatturiero: «Mansioni altamente meccaniche come il controllo della qualità dei prodotti vengono automatizzate. Così le imprese possono fare la verifica sul totale e non a campione - spiega -. Questo permette di stabilire nuovi standard e ottenere più facilmente marchi di qualità». Per Borboni la velocità dello sviluppo di questa tecnologia è tale che «chi ha investito nell’IA tre anni fa ha già raggiunto margini di guadagno, mach non lo ha ancora fatto è costretto per non essere tagliato fuori dal mercato». Nel bresciano rimane però forte la mancanza di personale competente: «Il tema vero non è la perdita di lavoro a causa della digitalizzazione - conclude il professore -, ma riqualificare le figure impiegate con la formazione e introducendo nuove professionalità all’interno dell’azienda».

Chatbot nelle aziende

«È un tipo di tecnologia pervasiva che verrà utilizzata ovunque» aggiunge il fondatore di UserBot Antonio Giarrusso, parlando proprio dei chatbot che in molte aziende e uffici pubblici si occupano di fare quello che una volta era appannaggio dell’accettazione o dell’Urp: rispondere alle domande e alle richieste delle persone. UserBot si occupa anche di creare umani digitali, assistenti virtuali che possono essere consultati dai visitatori dei siti web o negli schermi touch delle sedi delle aziende. Giarrusso ha illustrato alcuni case-study in cui l’intelligenza artificiale conversazionale ha permesso di gestire oltre due milioni di messaggi nelle chat che riguardavano la creazione dello Spid con la società informatica Namirial, e snellire le operazioni di pagamento della pubblica amministrazione nel Comune di Rimini. «Vengono usati da anni ma con il miglioramento della tecnologia sono diventati indispensabili - sottolinea - e vengono apprezzati molto anche dai clienti perché permettono di ricevere supporto 24 ore su 24 tutta la settimana».

La sfida del presente

Il neuroscienziato e fondatore di Strobilo Andrea Bariselli ha chiuso la conversazione parlando dell’origine dell’intelligenza artificiale, ovvero quella umana. E del rapporto tra noi e la natura e di come il nostro cervello, reagendo agli stimoli che riceve dagli ambienti in cui viviamo, funziona come un computer. Una miniera di dati su cui basare scelte imprenditoriali e politiche: «Contro le grandi sfide del presente. Penso al cambiamento climatico, per esempio, dove non sarà la scienza a salvarci. C’è molta aspettativa verso l’intelligenza artificiale ma non dobbiamo dimenticarci dell’aspetto umano». Il progresso, spiega Bariselli, è tale quando «non perdiamo pezzi.Ritrovare le nostre radici, insomma: solo così può funzionare il connubio tra intelligenza e tecnologia».

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