Cucina

Il senso profondo dei bresciani per lo spiedo

Un inimitabile momento di condivisione estrema durante il quale ci si scambiano idee non soltanto sul cibo
Oltre il girarrosto. La preparazione dello spiedo è parte integrante del rito conviviale più tipico del Bresciano
Oltre il girarrosto. La preparazione dello spiedo è parte integrante del rito conviviale più tipico del Bresciano
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Lo spiedo bresciano non è un banale cibo e nemmeno una tradizione: è un rito comunitario. Per sua natura non conviene prepararlo per pochi. Non soltanto perché c’è bisogno di tempo, pazienza e cura, ma perché consumare lo spiedo in quattro gatti soltanto per un bresciano non ha proprio senso. È un’occasione per confrontarsi con gli altri.

Ognuno ha una ricetta sua o di famiglia sul tipo di carne ed eventuali vegetali che devono essere infilati negli spiedoni di metallo, su quanto devono essere grandi i bocconi, sull’ordine in cui vanno posizionati, sulla presenza o meno degli uccellini, che sono proibiti per legge, ma questo è un dettaglio su cui vale la pena soprassedere (anche se non c’è volta in cui non si creino infiniti dibattiti in materia).

Lo spiedo è un momento di condivisione estrema, in cui ci si scambiano idee sul cibo, sul mondo e sul senso della vita. È l’immagine stessa dello spirito d’accoglienza di un popolo (e i bresciani lo sono) operoso per natura, che può sembrar chiuso ed è invece variegato e generoso come il cibo che meglio lo rappresenta: tanti microcosmi diversi ma capaci di stare vicini, anzi attaccati, che per un’alchimia meravigliosa riescono a rosolarsi tutti insieme per creare una perfezione che non deriva dall’uniformità, bensì dalla varietà.

Tutto ciò si consuma in grandi affettuose tavolate dove chiunque può esprimere il proprio parere. Diventi un vero bresciano solo quando qualcuno ti invita a uno spiedo nel ristorante preferito o nella sede dell’associazione cui appartiene (i bresciani l’idea di mettersi in qualche modo al servizio degli altri ce l’hanno nel sangue) ma ancora meglio nel suo giardino. Sai che, con altri, ha speso ore e ore per tagliare e assemblare il tutto, e altrettante per seguire con attenzione la cottura e irrorare con sapienza di burro la carne che gira nell’apposito macchinario, che, bello pulito e cromato com’è, rappresenta la Ferrari dei girarrosti.

È il più grande degli onori poter assistere il padrone di casa nelle ultime fasi della cottura e mentre sfila con arte nei vassoi il risultato. Non ti offrirà gli eventuali uccellini vuoi perché non ci sono vuoi perché ti lascia libero di scegliere riguardo a qualcosa che considera una leccornia ma che, per educazione e delicatezza d’animo, non vuole forzarti ad assaggiare. Ma quando un bresciano si priva dell’ultimo mombolo (la fettina di lonza arrotolata con dentro la foglia di salvia, il gioiello più prezioso di ogni spiedo) per te allora è fatta. Partecipare a uno spiedo significa essere accolti in una comunità. Non è solo fare festa, è molto di più. È qualcosa che ha a che fare con la solidarietà, la civiltà, l’amicizia. È come, dopo aver viaggiato tanto, tornare a casa. Buon Ferragosto.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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