Ambiente

Un secolo di Caffaro, quello che un bresciano non può non sapere

La lunga storia dell'azienda di via Milano ripercorsa attraverso dati, mappe storiche, link e una time-line per orientarsi
Caffaro, foto dall'alto -  © www.giornaledibrescia.it
Caffaro, foto dall'alto - © www.giornaledibrescia.it
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Da quasi un ventennio sentiamo parlare di «Caso Caffaro» e inquinamento di Pcb, di Sito di interesse nazionale Brescia-Caffaro e bonifiche. Ma la questione è ben più antica del 2001, quando il caso scoppiò e diede il la alle caratterizzazioni, alle analisi sui residenti e agli interventi.

La Caffaro arriva a Brescia all'inizio del Novecento, e al suo interno si producono doversi composti chimici, tra i quali, appunto il Policlorobifenili (Pcb) del quale si conosce la pericolosità almeno dagli anni Settanta tanto che, nel 1972, il Giappone ne vieta la produzione. A Brescia invece non si dirà addio ai clorobifenili fino al 1984.

Scorri la mappa qui sotto per vedere come è cambiata la zona di via Milano dall'Ottocento a oggi.

L'allora Caffaro Chimica utilizzava per la sua produzione l'acqua della falda che veniva rilasciata, «arricchita» di composti chimici, nelle rogge che scorrono verso sud. Ecco che oggi i terreni sono inquinati da Pcbdiossine, furani, mercurio, arsenico, tetracloruro di carbonio e cromo VI, entrati tra l'altro, tranne cromo, mercurio e arsenico, nella catena alimentare. Non pochi gli allarmi prima del 2001, anno in cui scoppia il caso.

  • Gli allarmi prima del 2001: 31 luglio 1968
    Gli allarmi prima del 2001: 31 luglio 1968
  • Gli allarmi prima del 2001: 31 luglio 1968
    Gli allarmi prima del 2001: 31 luglio 1968
  • Gli allarmi prima del 2001: 31 luglio 1968
    Gli allarmi prima del 2001: 31 luglio 1968
  • Gli allarmi prima del 2001: 31 luglio 1968
    Gli allarmi prima del 2001: 31 luglio 1968
  • Gli allarmi prima del 2001: 31 luglio 1968
    Gli allarmi prima del 2001: 31 luglio 1968

E così, il 24 febbraio 2003, il Ministero ha classificato il perimetro della Caffaro Sito di Interesse Nazionale (Sin) Brescia-Caffaro «da sottoporre ad interventi di caratterizzazione, di messa in sicurezza d’emergenza, bonifica, ripristino ambientale e attività monitoraggio». Il Sin ha due distinti perimetri, il suolo e la falda. A questo si aggiunge l'ex discarica di Vallosa che ha ospitato il 75% delle scorie della Caffaro.

La Caffaro Chimica, quella che ha riversato nelle rogge Pcb, cromo, mercurio e altri veleni oggi non esiste più: è stata svuotata e scorporata. E così con questo passaggio si fa nascere, nel 2004, Sorin biomedicale e Snia, la prima poi confluita nella multinazionale americana LivaNova, condannata dalla Corte d’Appello di Milano a risarcire lo Stato per l’inquinamento. La seconda poi fallisce.

Nel 2011 la proprietà passa dalla Snia a Todisco, e nel 2013 alla Società Chimica Fedeli spa. Già nel 2016 la volontà dei Todisco è di portare la produzione a Udine.

Pcb, divieti (immagine simbolica) -  © www.giornaledibrescia.it
Pcb, divieti (immagine simbolica) - © www.giornaledibrescia.it

All’interno della cittadella industriale oggi lavorano due aziende: la Csa di Rovigo e la Caffaro Brescia (che nulla c'entra con la Caffaro dei veleni, la Caffaro Chimica). Quest’ultima si occupa della produzione di clorito di sodio, un disinfettante che serve per la potabilizzazione delle acque, prodotto che vede il gruppo di casa a Brescia leader del mercato europeo. Il clorito ha una lavorazione articolata: in uno dei passaggi si usa anche il cromo, come additivo. Caffaro Brescia (che ha annunciato il suo trasloco nel 2021) si occupa di mantenere attiva la barriera idraulica che fa da «schermo» ai veleni che altrimenti andrebbero a infestare la falda cittadina (pompando 108 miliardi di litri di acqua).

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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