La quarantena migliora l’aria: a Brescia inquinanti dimezzati
La fine della fase più dura dell’emergenza coronavirus ci lascia in dote due dati su cui riflettere: una correlazione tra l’alto numero di contagi nella nostra provincia e l’inquinamento non pare casuale; ma soprattutto che con un piano anti-smog ben coordinato e magari un cambiamento d’abitudini anche l’aria di Brescia può migliorare, come capitato durante i mesi di lockdown.
Lo evidenzia chiaramente uno studio effettuato da Fondazione Univerde - associazione che promuove una cultura ecologista per un futuro sostenibile - e Opera 2030, le cui immagini satellitari mostrano l’abbassamento dei livelli d’inquinamento nei mesi di marzo e aprile rispetto allo stesso periodo del 2019. Le mappe fotografate dal satellite Copernicus sentinel 5P ed elaborate dalla piattaforma Onda della Serco di Frascati mostrano una differenza netta in 12 mesi.
Le cartine satellitari mettono a confronto la distribuzione media del biossido d’azoto (No2) nel periodo tra il 15 marzo ed il 15 aprile, utilizzando i colori a seconda della diffusione. Se nel 2019 la zona di Brescia città, il suo circondario e anche parte delle valli s’attestava intorno ai 150 microgrammi al metro cubo, con un colore nero intenso a sottolinearne la pericolosità, quest’anno ha viaggiato tra i 70 ed i 90, quindi praticamente la metà, con la zona del Garda addirittura sui 50. Il biossido d’azoto è un inquinante generato dalla combustione, con il traffico veicolare individuato tra i maggiori contribuenti fra le sorgenti emissive. L’No2 è considerato un inquinante secondario, ma non va sottovalutato visto che svolge un ruolo intermedio fondamentale nella produzione di smog fotochimico, responsabile di eventi atmosferici come le piogge acide. Inoltre, è anche un gas tossico irritante per l’apparato respiratorio umano.
La media oraria delle concentrazioni non dovrebbe superare i 200 microgrammi per metrocubo per più di 18 volte in un anno, mentre la soglia d’allarme dovrebbe scattare di default qualora si superasse quota 400. Ovvero un livello dieci volte superiore al valore limite annuale (40) che non andrebbe superato. Secondo i dati disponibili sul sito di Arpa Lombardia, l’azienda regionale per la protezione dell’ambiente, la stazione cittadina di via Turati, la seconda peggiore su tutto il territorio lombardo (dietro a quella di viale Marche a Milano), nel 2018 ha registrato una concentrazione media annua di No2 di 57 microgrammi per metrocubo. Contro i 33 del Broletto ed i 28 del villaggio Sereno, mentre in provincia è Lonato ad avere il dato annuale più basso con 19.
Il grafico delle rilevazioni degli ultimi 10 giorni mostra come la ripresa di buona parte delle attività lavorative dal 4 maggio - unito anche ad una riduzione dei posti sul trasporto pubblico - ha fatto già toccare picchi poco confortanti. Nella passata settimana, sempre la colonnina di via Turati in città ha registrato un’escalation: dalla media giornaliera di 90 toccata giovedì 7 maggio ai 115 dei due giorni seguenti, quindi pure in un sabato non per tutti lavorativo. Meglio è andata questa settimana, con i numeri sempre sotto quota 60 microgrammi ad eccezione di venerdì, con un dato ancora non validato di 72.
Ciò ovviamente, secondo la ricerca di Fondazione Univerde, impone una riflessione non solamente locale, ma anche nazionale visto che la differenza tra 2019 e 2020 è netta in buona parte del Nord Italia, ma anche in una città metropolitana del Sud come Napoli. «Il Decreto Rilancio e gli altri provvedimenti devono prevedere un piano antismog - spiega il presidente di Univerde, Alfonso Pecoraro Scanio, ministro dell’Ambiente con il Prodi-bis dal 2006 al 2008 -. In particolare, serve nelle zone con il peggiore inquinamento atmosferico del nostro Paese. Sicuramente gli incentivi alle biciclette e il superecobonus sono un primo elemento, ma occorre un investimento ben più massiccio per garantire aria pulita ai cittadini italiani. L’Italia deve ottenere dall’Unione Europea un’azione congiunta che riduca drasticamente i livelli di inquinamento nelle aree più inquinate dell’Unione Europea. Non dovremmo attendere una pandemia per ridurre lo smog da auto. L’Italia secondo l’Oms conta circa 70.000 morti premature ogni anno per lo smog».
Questo riporta in auge l’abbinamento tra inquinamento e diffusione del coronavirus. «Siamo partiti cercando di dare una spiegazione alle anomale curve di velocità di diffusione dell’epidemia nel Nord Italia - spiega Alessandro Miani, presidente della Società italiana di Medicina ambientale - e ora la nostra ricerca si allarga anche ad altre zone del pianeta. Occorre che si tenga conto della necessità di mantenere basse le emissioni di particolato per non rischiare di favorire la potenziale diffusione del virus».
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