Ambiente

L’Adamello è sempre più in agonia: «Segnali di pericolo e instabilità»

Sul Mandrone nuova spedizione dei ricercatori nell’ambito del progetto «Climbing For Climate»
ADAMELLO, LA VOCE DEL GIGANTE
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Il ghiacciaio dell’Adamello potrebbe svanire completamente entro la fine di questo secolo. Secondo le stime dell’Università di Brescia tra il 2080 e il 2090. Vorrebbe dire, cioè, che in poco più di 80 anni avremo perso 800 milioni di metri cubi di risorsa idrica dolce, la dimensione che aveva il gigante di ghiaccio nei primi anni del Duemila. A queste conclusioni è arrivato Roberto Ranzi, docente di Monitoraggio e Sistemazione dei bacini idrografici dell’Università degli studi di Brescia, che da cinque anni partecipa al progetto «Cfc - Climbing For Climate», l’iniziativa della rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile, Legambiente, Comitato glaciologico italiano e Club alpino italiano.

Nuovo appello

Questo fine settimana i ricercatori sono tornati in quota per monitorare il ghiacciaio a quattro anni dalla prima edizione e lanciare un appello a cittadini e istituzioni per invertire la catastrofe climatica globale, proteggere la biodiversità locale e frenare il consumo di risorse, potenziare il contrasto alla crisi climatica, alla crisi ecologica e alla perdita di biodiversità.

Uno scatto dall'Adamello - © www.giornaledibrescia.it
Uno scatto dall'Adamello - © www.giornaledibrescia.it

Prima tappa

La prima tappa della spedizione si è tenuta sabato sul ghiacciaio Presena, nella fascia del Mandrone, dove ricercatori dell’Università di Brescia, accompagnati e assistiti in questa missione dai delegati del Cai di Brescia e di Pisogne hanno istallato la strumentazione del progetto «Un suono in estinzione», coordinato da Sergio Maggioni, ricercatore e sound artist camuno che da tre anni sta registrando i suoni del ghiacciaio assieme al professore dell’Università di Brescia, Roberto Ranzi.

Nelle ultime tre estati sono state raccolte centinaia di ore di registrazione di sibili e rumori che sembrano venuti da un altro pianeta, fragori, crolli e collassi improvvisi, che possono essere ascoltati sul sito internet www.unsuonoinestinzione.eu e che rappresentano a tutti gli effetti la voce dell’Adamello, l’urlo di dolore di un gigante che lentamente si sta ritirando. «Il progetto - spiega Sergio Maggioni - nasce con la funzione di raccogliere il suono di quello che accade nelle parti più nascoste del ghiacciaio, per catturarne la parte estetica, legata alla fenomenologia del ghiacciaio che abbiamo indagato e scoperto in questi anni, di quello che accade durante l’estate, con l’obiettivo di comunicare come i cambiamenti climatici stanno colpendo ghiacciai alpini. Tutti i dati vengono poi analizzati dal punto di vista scientifico».

Analisi dei suoni

«Quando Sergio mi ha proposto questa collaborazione - aggiunge il professor Ranzi - ho accettato con entusiasmo perché oltre la suggestione estetica e artistica, ho subito intuito che i suoni da lui registrati potessero avere una forte valenza anche scientifica». Nel corso di questi tre anni, l’Adamello ha parlato di sé, raccontato quello che gli sta accadendo con la sua voce e l’analisi dei suoni ha permesso ai ricercatori di scoprire quali sono i cicli di fusione, le loro tempistiche e l’intensità dei tassi di fusione del ghiacciaio.

«Non solo - aggiunge Ranzi - abbiamo anche scoperto dei fenomeni improvvisi e la probabile chiusura del torrente subglaciale che può essere un indice di pericolosità e instabilità per il ghiacciaio. Il progetto continua - rimarca il professore - e l’acquisizione di questi dati sul campo ci permetterà anche di dare risposte sul futuro del ghiacciaio dell’Adamello che purtroppo non è dei più rosei: probabilmente - ribadisce - alla fine del secolo o all’inizio di quello successivo il ghiacciaio scomparirà».

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