Ambiente

I dati dell'emergenza climatica, ora che se ne parla alla Cop 25

Il 2 dicembre inizia a Madrid la Conferenza mondiale sul clima: ecco un riassunto di cosa sta provocando l'emergenza in corso
Studenti alla marcia per il clima a Lisbona - Foto Ansa/Ap Armando Franca - Copyright 2019 The Associated Press
Studenti alla marcia per il clima a Lisbona - Foto Ansa/Ap Armando Franca - Copyright 2019 The Associated Press
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Un milione di specie animali e vegetali minacciate di estinzione, tre quarti dell'ambiente terrestre e circa il 66% di quello marino alterati dalle azioni umane, 577 miliardi di dollari in colture annuali globali sono a rischio a causa della perdita di impollinatori e 300 milioni di persone vivono in zone esposte a inondazioni e uragani per la perdita di habitat e protezione costiera. Dal 1998 al 2017 il conto pagato per colpa dei cambiamenti climatici è stato di circa 16mila morti e 142 miliardi di dollari. 

Sono alcuni dei numeri dell'emergenza «global warming» indicati da studi scientifici in vista della Conferenza mondiale sul clima (Cop 25), che si apre lunedì 2 dicembre, a Madrid, con 196 paesi (197 se si include l'Ue) impegnati nelle riunioni dell'Onu sui cambiamenti climatici.
 
Nonostante gli scienziati abbiano più volte lanciato allarmi sul riscaldamento globale e sugli effetti dell’inquinamento, e nonostante le mobilitazioni a riguardo stiano moltiplicandosi, il tema continua a essere dibattuto, tanto che c’è chi nega l’emergenza in corso.

Eppure, per fare alcuni esempi, la perdita di biodiversità costa più di una volta e mezza il Prodotto interno lordo (Pil) globale, circa 145.000 miliardi di dollari all'anno che l'uomo sta buttando via, tra l'impollinazione delle colture, la depurazione delle acque, la protezione dalle inondazioni e il sequestro del carbonio. Solo in Africa e Asia 860 milioni di persone sono in condizione di insicurezza alimentare.

Nel 2015, il 33% degli stock ittici marini è stato pescato a livelli insostenibili, mentre l'inquinamento da plastica è decuplicato dal 1980: secondo uno studio del Wwf, ogni anno nel mondo vengono disperse in natura 100 milioni di tonnellate di plastica. L'Agenzia ambientale dell'Onu calcola inoltre che ogni anno finiscono negli oceani 8 milioni di tonnellate di plastica. Al momento in mare ci sarebbero 150 milioni di tonnellate. 

I dati di ottobre dell'agenzia americana Noaa suggeriscono che siamo sulla buona strada per il secondo anno più caldo da quando sono iniziati i record. Il recente rapporto della World Meteorological Organization ha indicato poi come le emissioni continuino ad aumentare, mentre l'Emissions Gap dell'Unep ha evidenziato il picco dei gas serra nel 2018 (55,3 gigatonnellate di CO2 equivalente) e che il mondo è sulla traiettoria sbagliata di un aumento medio della temperatura globale di 3,2 gradi centigradi entro il 2100 rispetto al periodo preindustriale. 

Le emissioni, ricorda lo studio «Emission Gap 2019», sono aumentate dell'1,5% all'anno nell'ultimo decennio. Obiettivo dell'Accordo di Parigi, secondo l'Unep può essere raggiunto tagliando le emissioni di gas serra del 7,6% ogni anno dal 2020 al 2030. 

I ghiacciai del mondo più piccoli sono destinati a perdere più dell'80% della loro attuale massa di ghiaccio al 2100, e molti altri sono destinati a sparire comunque. Negli ultimi cent'anni, i ghiacciai delle Alpi hanno dimezzato la loro estensione: ciò che sta accadendo al Pian di Neve, in Adamello, per citare un esempio vicino, è drammatico. La strada maestra per tagliare la Co2, spiega l'Unep, è la «decarbonizzazione dei settori dell'energia, dell'edilizia e dei trasporti» con le energie rinnovabili e l'efficienza energetica necessarie per la transizione, che tuttavia necessita di forti investimenti, stimati in 1.600-3.800 miliardi di dollari all'anno dal 2020-2050.

 

 

 

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