Ambiente

«Caffaro, l'osservatorio non osserva»

Presa di posizione della Consulta dell’ambiente
CAFFARO, A CHE PUNTO SIAMO?
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«Sul caso Caffaro serve trasparenza». È il mantra che Ettore Brunelli, a nome della Consulta per l’Ambiente, ripete più volte. La denuncia dell’organo comunale tocca due aspetti intrinsecamente legati tra loro: da una parte i lavori di decommissioning in corso nel sito di interesse nazionale e dall’altra l’assenza di comunicazione. «L’osservatorio Caffaro, nato nel luglio del 2021, non viene riunito dal 5 maggio scorso - spiega Brunelli -. Eppure nel cantiere si sta lavorando alla demolizione degli impianti e alla rimozione dell’eternit. Nei quartieri, dove c’è preoccupazione, non si sa nulla. Confidiamo che tutto stia andando per il verso giusto, ma ad oggi dobbiamo constatare che l’osservatorio non osserva. Ci sembra una presa in giro per silenziarci e farci star buoni».

Soltanto dopo diverse richieste della Consulta per l’Ambiente, una nuova riunione dell’osservatorio - composto da tre membri della Consulta e due dei quartieri - è stata convocata per il 29 novembre. Anna Seniga, membro dell’osservatorio, punta sulla necessità della comunicazione sulle evoluzioni del caso Caffaro: «Abbiamo estremamente bisogno di sapere qual è stato il lavoro dell’Università Cattolica sulla comunicazione della Caffaro, perché da una parte c’è disaffezione di chi conosce bene il problema e dall’altra non c’è conoscenza». Ma per i membri della Consulta è necessario riprendere anche il filo del monitoraggio e delle bonifiche all’esterno dell’impianto.

«Il comitato tecnico-scientifico non ha prodotto nulla - continua Brunelli -. Gli ultimi carotaggi nelle campagne del quartiere Primo maggio risalgono a dieci anni fa e si ha paura a farne di nuovi perché da tre anni si mangiano prodotti coltivati negli orti della zona. Non c’è la volontà di investire le risorse per analizzare il Pcb nel sangue, basterebbe un campione di 50 persone». Nel limbo resta poi la questione della bonifica dei terreni fuori dal Sin, dove vivono più di 10mila famiglie tra i quartieri Primo maggio e Chiesanuova: «I residenti non possono pagare di tasca propria per bonificare, bisogna trovare fondi pubblici. Ma non si sta pensando a nulla del genere».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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