Avviamenti al lavoro, per le donne la formula «imposta» resta il part time
Meno presenti degli uomini nel mercato del lavoro, meno numerose tra coloro che sono avviati al lavoro nel 2023 e, in un contesto di precarietà generale, più precarie rispetto ai maschi, sia rispetto alle tipologie contrattuali che alle modalità di lavoro. Nel 2023 in provincia di Brescia alle donne sono riferite il 43,8% delle comunicazioni di avviamento al lavoro, con solo il 18,7% di queste con un contratto permanente (apprendistato o tempo indeterminato) mentre sono al femminile più dei due terzi degli avviamenti al lavoro a tempo parziale, il 65,5% del totale.
Centri per l’impiego
Nel 2023 sono state attivate 217.493 nuove assunzioni, al netto di rapporti di breve durata, tirocinio estivo di orientamento, lavoro o attività socialmente utile, contratti di borsa lavoro e altre work experiences: oltre 217mila avviamenti al lavoro riferiti a 164.799 persone. Gli avviati, cioè le persone, sono meno delle pratiche di avviamento poiché, in tempi di precarietà, un singolo lavoratore o lavoratrice può essere avviato più volte nel corso dell’anno.
La maggior parte delle pratiche di avviamento, ben 122.335, sono riferite a uomini, il 56,2%, mentre 95.158 sono riferite a donne, il 43,8%. Ed è questo un primo dato generale. Nel mercato del lavoro bresciano entrano costantemente più uomini e meno donne. Guardando ai numeri degli otto Centri per l’impiego della provincia di Brescia, la quota delle pratiche di avviamento riferite alle donne, il 43,8% nella media provinciale, si declina con valori che oscillano dal 36,8% per i comuni del CPI di Orzinuovi fino al 47,9% per i centri del CPI di Sarezzo e al 47,8% del CPI di Salò. Nel mezzo, con valori più bassi di avviamenti di donne, il CPI di Leno e Iseo-Palazzolo (38,6%) e con quote superiori i comuni del CPI di Breno (44,3%), Brescia (45,3%) e Desenzano del Garda (46,2%).
Flessibili o precari
La maggior parte degli avviamenti al lavoro è relativa a lavori flessibili o precari, come dir si voglia, che interessano, complessivamente, oltre i tre quarti degli avviamenti, ben 171.127, il 78,7% del totale, poiché gli avviamenti in apprendistato e a tempo indeterminato, quelli considerati permanenti, sono solo 46.366, il 21,3% del totale. Questa quota, che misura la precarietà generale, si riduce ancora considerando che, delle 95.158 donne avviate al lavoro nel 2023, 3.802 sono le apprendiste e 14.031 quelle avviate con contratti a tempo indeterminato. Le permanenti sono quindi 17.834, il 18,7% delle donne avviate al lavoro nel corso del 2023, a fronte del 23,3% di lavoratori maschi permanenti sul totale gli avviati.
Anche in questo caso si registrano differenze nei diversi Centri per l’impiego con quote di lavoratrici avviate in modo permanente che oscillano dal 13,3% nel CPI di Salò al 21,7% nei comuni del territorio dei CPI di Brescia e Orzinuovi. Nel mezzo, con valori più bassi di avviamenti permanenti di donne, il CPI di Breno (14,1%), Desenzano del Garda (15,6%), Sarezzo (17,2%), e relativamente maggiori a Iseo-Palazzolo (18%) e Leno (20,9%). Oscillazioni del tutto relative, poiché si tratta di una donna su cinque nei due casi migliori e di meno di una donna su sei nei casi peggiori.
Part time
Dei 217mila avviamenti al lavoro comunicati nel 2023, la maggior parte, oltre 136mila (il 62,6% del totale) sono stati a tempo pieno ma, se escludiamo una quota pari all’8,5% per cui non è definita la modalità di lavoro, quasi 63mila, il 29,8% sono relativi a contratti a tempo parziale. Possiamo dire che complessivamente quasi 3 avviamenti al lavoro su 10 sono a part time. Anche in questo caso si registrano differenze nei diversi Centri per l’impiego, con quote di avviamenti a tempo parziale che oscillano dal 35,3% nei comuni del territorio del CPI dei Brescia, e il 20,7% nel CPI di Orzinuovi. Sul totale dei 199mila avviamenti definiti per modalità di lavoro (per 18 mila non è specificata) il 42,8% è relativo a donne a fronte del 57,2% degli uomini. Ma, tra i quasi 63mila avviamenti a tempo parziale, oltre i due terzi, il 65,5%, ben 41.187, sono riferiti a donne a fronte dei 21.686 degli uomini (34,5%).
Quindi, riassumendo, le donne sono meno degli uomini tra gli avviati al lavoro, ma li superano nettamente tra coloro che sono avviati a part time. In altri termini le donne avviate al lavoro a tempo parziale sono quasi la metà del totale delle avviate (48,4%) percentuale che scende al 19%. Con un evidente gap di genere. Il part time era e resta una modalità di lavoro che interessa in prevalenza le donne. Tuttavia, nel tempo, molte cose sono cambiate e questa è sempre meno una scelta della lavoratrice, poiché anche le ricerche dell’Istat documentano quote crescenti di part time involontario, osservando come, per le donne, sia tale nella maggioranza dei casi (60,9%). Spesso involontario e talvolta fittizio; una pratica irregolare con datori di lavoro spregiudicati che, facendo sottoscrivere un contratto part time, richiedono di fatto un impegno per orari maggiorati, risparmiando su imposte e contributi. Tutt’altro, nella maggioranza dei casi, che una scelta di vita.
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