Ambiente: la consapevolezza che si deve agire. E in fretta
Tutto ebbe inizio alla fine del secolo scorso. Nel corso egli anni Novanta iniziò un’epoca di svolta, in cui l’attenzione verso l’ambiente si trasformò da concetto astratto a obiettivo politico globale. Iniziò a circolare il sospetto dell’influenza negativa delle sue attività sull’ecosistema, dall’industria alle automobili. Nessuno, però, poteva affermare con convinzione cosa facesse male all’ambiente, e soprattutto, in che misura. L’impatto dell’uomo sul clima era un fenomeno ancora troppo sconosciuto per prendere decisioni drastiche a riguardo; la maggior parte delle informazioni erano, più che altro, supposizioni.
Le responsabilità dell'uomo
Fu esattamente nel 1990 che venne diffuso il primo studio sul riscaldamento globale: i risultati pubblicati erano poco confortanti, ma per la prima volta si ebbe una certezza: le emissioni causate dalle attività umane rivestivano un ruolo fondamentale nel cambiamento climatico. Questa nuova conoscenza diede il via a un periodo di evoluzione, che ebbe ufficialmente inizio nel giugno del 1992, quando venne organizzato a Rio de Janeiro il Summit della Terra: la prima conferenza mondiale dei capi di Stato sull’ambiente. Un evento senza precedenti in termini mediatici, di scelte politiche e di partecipazione: riunì 172 governi, 108 Capi di Stato e 2.400 rappresentanti di organizzazioni non governative. Dopo un periodo di stallo la questione della tutela dell’ambiente ha guadagnato un’importanza crescente nel dibattito pubblico internazionale.
E oggi la lotta al cambiamento climatico è stata assunta a scopo ineludibile dell’Agenda 2030 promossa dalle Nazioni unite. Il tredicesimo dei 17 obiettivi previsti dal piano riguarda proprio il contrasto dei cambiamenti climatici, con una serie di azioni conseguenti: dall’integrazione delle strategie ambientali nelle politiche nazionali alla mobilitazione di risorse per promuovere la transizione ecologica e mitigarne gli effetti. Un orizzonte condiviso dai governi e da cui a cascata discendono una serie di politiche pubbliche e accordi internazionali, non sempre semplici da raggiungere data la complessità della materia e i diversi interessi contrapposti in gioco.
Il ruolo dei giovani
In questo quadro, un ruolo essenziale è quello svolto dai giovani di tutto il mondo nelle mobilitazioni a difesa dell’ambiente. Un impegno diventato evidente e oggetto di dibattito pubblico negli ultimi anni, a partire dalle manifestazioni dei Fridays for Future che hanno toccato anche Brescia con partecipazioni massicce. Manifestazioni che tuttavia non sono altro che la punta dell’iceberg di un interesse verso questi temi molto ben radicato nelle giovani generazioni. Nelle più recenti rilevazioni condotte da Eurobarometro è infatti emerso proprio come i giovani europei considerino l’ambiente una delle principali priorità per le politiche pubbliche dei prossimi anni.
Alla domanda su quali questioni siano più urgenti, al primo posto a livello Ue c’è la lotta alla povertà e alla disuguaglianza. Al secondo posto vi è proprio la lotta al cambiamento climatico e la tutela ambientale. L’indagine promossa dal parlamento europeo, che si basa su un campione di 18.156 giovani dei 27 Stati membri, sembra confermare quella che pare una vera e propria spaccatura generazionale. Tra i giovani non emergono negazionismi né pare esserci generica insensibilità al tema. Anzi, molti concordano nel ritenere il futuro più roseo sul fronte della percezione collettiva del problema: la scuola, la sensibilizzazione pubblica, l’educazione familiare e generazionale dovrebbero spingere i bambini di oggi - giovani e adulti del futuro - verso la piena coscienza della crisi climatica, primo passo verso il raggiungimento del giusto equilibrio tra qualità della vita e vivibilità.
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