Dalla Nato nuovi aiuti all’Ucraina, ma per l’ingresso di Kiev si vedrà

I nuovi jet F16 promessi sono già partiti e l’Alleanza atlantica è pronta ad assicurare oltre 40 miliardi di euro in assistenza, ma alcuni Paesi hanno delle riserve per quanto riguarda l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg tiene una conferenza stampa durante il vertice Nato a Washington - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg tiene una conferenza stampa durante il vertice Nato a Washington - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
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Il vertice della Nato a Washington è iniziato nel migliore dei modi per l’Ucraina anche se resta senza una data l’ingresso di Kiev nell’Alleanza atlantica.

Gli Stati Uniti hanno infatti annunciato che i jet F16 promessi sono già partiti dalla Danimarca e dai Paesi Bassi ed entro l’estate saranno operativi sui cieli di Kiev per respingere gli attacchi della Russia. Una garanzia per Volodymyr Zelensky, presente nella capitale americana anche se non al vertice, assieme agli oltre 40 miliardi di euro in assistenza finanziaria e alla sicurezza che gli alleati della Nato sono pronti ad assicurargli nel prossimo anno.

Il sostegno militare all’Ucraina

Il padrone di casa Joe Biden, che conta sul vertice per i 75 anni della Nato anche per voltare pagina e convincere partner ed americani di essere pronto a guidare gli Stati Uniti per un secondo mandato, ha assicurato che Kiev «può e fermerà Vladimir Putin», mentre il segretario di Stato Antony Blinken ha sottolineato che l’invio dei jet è un segnale al leader del Cremlino.

Zelensky prima ha espresso soddisfazione, poi parlando alla Reagan Foundation ha incalzato che di «F16 ne servono almeno 128 per eguagliare la Russia nei cieli». Il segretario uscente dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, ha detto di essere convinto che da questa tre giorni nella capitale americana arriveranno «aiuti sostanziali» a Kiev, frutto di un piano elaborato da mesi per garantirle l’assistenza a lungo termine dell’Occidente, anche in caso di un eventuale cambio di leadership alla Casa Bianca. E anche il neo premier britannico, al suo debutto internazionale, ha assicurato a Zelensky il sostegno «incrollabile» del Regno Unito, come d’altra parte la premier italiana Giorgia Meloni, che ha promesso un secondo sistema difensivo Samp-T.

Un fronte compatto quindi quello formato dai 32 leader riuniti a Washington, almeno per quanto riguarda l'assistenza militare.

Manca la data per l’ingresso nella Nato

Altra questione è l’adesione alla Nato, su cui alcuni Paesi hanno ancora delle riserve per il rischio che comporterebbe avere un partner quasi sempre in conflitto con una potenza nucleare come la Russia. C’è un accordo di massima sull’«irreversibilità» sul processo di adesione – «il futuro di Kiev è nella Nato», si legge nel documento finale – ma non c’è ancora una data. I leader del patto accolgono «con favore i progressi concreti compiuti dal Paese dopo il vertice di Vilnius riguardo alle necessarie riforme democratiche, economiche e di sicurezza», si sottolinea. Tuttavia, la Nato precisa che «sarà in grado di estendere un invito a Kiev ad aderire all’Alleanza quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte». Segno che tra i 32 Paesi membri non c’è ancora un’intesa.

Il monito alla Cina

Quello che, invece, è stato esplicitato nella dichiarazione è l’ennesimo monito alla Cina ad interrompere il suo sostegno a Mosca. Pechino, in quanto membro del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, «deve smettere qualsiasi forma si sostegno politico e materiale al Cremlino», si legge nella bozza nella quale si sottolinea inoltre che il «Dragone costituisce un pericolo per l’Europa e la sicurezza».

Le parole di Meloni

Nella dichiarazione finale sono nominati anche gli altri nemici del patto, dalla Corea del Nord all’Iran. E viene designato un inviato del sud per il Medio Oriente e per l’Africa: una buona notizia per Roma, anche se per il momento non ci sono nomi. La «designazione di un Rappresentante Speciale per il Sud è una buona notizia e un punto di partenza. L’Italia continuerà a lavorare affinché, nell’interesse di tutti, le nostre priorità siano adeguate a un mondo che sta cambiando», è stato il messaggio al vertice della premier italiana Giorgia Meloni che ha sottolineato come «il nostro Paese è in prima linea a difesa degli alleati orientali» ma «non possiamo essere lasciati soli nella difesa del fronte sud dell’Alleanza».

E il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha lanciato la candidatura proprio dell'Italia per ricoprire questo ruolo, mettendo «a disposizione nomi di alto livello».

Alla fine di una giornata di lavori, tre cene: una offerta da Biden e la First Lady alla Casa Bianca, una da Blinken per i ministri degli Esteri e infine quella dei ministri della Difesa con il capo del Pentagono Lloyd Austin. La pressione è alta sul commander-in-chief, che vuole approfittare di tutte le occasioni a sua disposizione in questi tre giorni per dimostrare in patria e all'estero di non essere l’81enne fragile e confuso degli ultimi tempi. Anche tra i leader stranieri presenti a Washington, infatti, dopo il disastroso dibattito televisivo, è aumentato lo scetticismo sulle sue capacità di leadership e, soprattutto, sulla sua forza di battere Donald Trump – non certo un amico dell'Alleanza. 

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