Premierato, l’appello di 180 costituzionalisti: «Fondati i timori di Liliana Segre, noi al suo fianco»

La Redazione Web
«Il parlamento correrebbe il pericolo di non rappresentare più il Paese e di diventare una mera struttura di servizio del governo, distruggendo così la separazione dei poteri», scrivono i firmatari: tra loro anche sei docenti dell’UniBs
In 180 dicono 'No' alla riforma del premierato
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«La nostra Costituzione è un testo che va maneggiato con cura». Nel giorno del primo sì al Senato alla riforma sul premierato voluta dal governo Meloni a intervenire contro il progetto che modifica la Carta sono 180 costituzionalisti, tra i quali anche sei docenti dell’Università degli studi di Brescia.

L’appello segue le parole della senatrice a vita Liliana Segre che un mese fa aveva parlato di aspetti «allarmanti» della proposta: «Non posso e non voglio tacere», aveva detto. Parole riprese anche dai firmatari, che – esplicitano – «hanno deciso di non prendere posizione autonoma ma di mettersi al fianco di Liliana Segre».

Nel testo i costituzionalisti esprimono la preoccupazione per il disegno di legge portato avanti dalla maggioranza di governo, che li porta a «uscire allo scoperto per denunciare possibili pericoli». Spiegano: «Non è frequente che i costituzionalisti, i cultori professionali della Carta, prendano posizione collettivamente sottoscrivendo pubblici appelli. Molti di loro sono più favorevoli a prese di posizione individuali, magari nello spazio più protetto delle aule universitarie o in audizioni o convegni. Ci sono però dei momenti nella vita di un Paese nei quali il progetto di cambiamento delle regole fondamentali assume un significato preoccupante».

La spinta ad alzare la voce arriva quindi dal discorso di Segre sul premierato: «Tutti i timori esposti nell’accorato intervento della Senatrice Segre sono fondati – scrivono i costituzionalisti nell’appello –. La creazione di un sistema ibrido, né parlamentare né presidenziale, mai sperimentato nelle altre democrazie, introdurrebbe contraddizioni insanabili nella nostra Costituzione. Una minoranza anche limitata, attraverso un premio, potrebbe assumere il controllo di tutte le nostre istituzioni, senza più contrappesi e controlli. Il Parlamento correrebbe il pericolo di non rappresentare più il Paese e di diventare una mera struttura di servizio del governo, distruggendo così la separazione dei poteri. Il Presidente della Repubblica sarebbe ridotto ad un ruolo notarile e rischierebbe di perdere la funzione di arbitro e garante». Quindi chiudono i costituzionalisti: «Di fronte a tutto questo anche noi – come la Senatrice – non possiamo e non vogliamo tacere. Facciamo appello a tutte le forze politiche affinché prevalga l’interesse generale, si ascoltino gli allarmi che autorevolmente sono stati lanciati e si prevengano i pericoli. Finché siamo in tempo».

Tra i firmatari ci sono anche tre presidenti emeriti della Corte costituzionale (Ugo de Siervo, Gaetano Silvestri e Gustavo Zagrebelsky), un vice emerito Enzo Cheli e decine di docenti universitari. Tra questi ultimi, i sei professori dell’UniBs: Saverio Regasto, Lorenzo Spadacini, Antonio D’Andrea, Adriana Apostoli (tutti e quattro docenti di diritto costituzionale), Arianna Carminati e Nadia Maccabiani (professoresse di istituzioni di diritto pubblico).

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