Fine vita, Fontana: «Il Parlamento si attivi, è questione di civiltà»

La Redazione Web
Il presidente della Regione lo ha affermato durante un’informativa sul primo caso di suicidio assistito in Lombardia: per FdI «si è andati oltre», mentre la Lega lo appoggia
Il governatore lombardo Attilio Fontana - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il governatore lombardo Attilio Fontana - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Sul fine vita «auspico che il Parlamento si attivi, finalmente e nel breve, così da definire dei punti fermi che il contesto impone, a tutela e rispetto dell'umanità e del dolore delle persone. Una normativa chiara, definitiva e certa è innanzitutto una questione di civiltà». Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana durante un'informativa in Consiglio regionale sul primo caso di suicidio assistito in Lombardia. Fontana ha anche ricordato che «proprio quest'Aula, lo scorso 19 novembre, ha votato una pregiudiziale di costituzionalità del progetto di legge di iniziativa popolare promosso dall'Associazione Luca Coscioni per incompetenza a trattare la materia del fine vita in assenza di un quadro normativo nazionale che faccia chiarezza nel lacunoso e frastagliato contesto attuale» ha concluso.

Fratelli d’Italia: «Si è spinto troppo»

«Esprimiamo insoddisfazione e amarezza perché riteniamo che Regione Lombardia si sia spinta troppo in là, andando oltre i confini delle proprie competenze. Chiediamo che ci si fermi», ha quindi dichiarato in risposta il capogruppo di Fratelli d'Italia in Consiglio regionale, Christian Garavaglia. Rivolgendosi direttamente al presidente Fontana, Garavaglia ha sottolineato: «Ti abbiamo sostenuto e continuiamo a farlo, ma su questa tematica le nostre posizioni sono distanti. Non esiste un diritto al suicidio medicalmente assistito né un obbligo per il sistema sanitario di fornire il farmaco letale. Siamo dalla parte di chi tutela la vita e promuove un sistema efficiente di cure palliative, strumenti fondamentali per accompagnare i malati senza dover ricorrere all'eliminazione della sofferenza attraverso la morte».

Il capogruppo di FdI ha poi criticato il metodo seguito dalla Regione nella gestione del caso, evidenziando come in Consiglio regionale avesse già approvato una pregiudiziale di costituzionalità sul tema. «Mentre qui in Aula e nelle commissioni si dibatteva, la Regione proseguiva in parallelo su un'altra strada, senza coinvolgere i gruppi consiliari. Non possiamo accettare che si creino percorsi decisionali alternativi né che siano i medici del Servizio Sanitario Regionale a interpretare le sentenze della Corte Costituzionale», ha concluso.

La Lega

«Prendiamo atto della posizione granitica degli amici di Fratelli d'Italia, ma noi non siamo così rigidi. Crediamo che la libertà di coscienza sia la scelta più giusta e che su un tema così delicato non possano esserci indicazioni di partito». Lo ha dichiarato il capogruppo della Lega in Consiglio regionale della Lombardia, Alessandro Corbetta, che ha sottolineato come l'intervento della Corte Costituzionale sia stato «la conseguenza della mancanza di un'iniziativa politica sul tema. Quando la politica non fa il proprio mestiere, sappiamo che interviene la magistratura», ha aggiunto.

Il capogruppo leghista ha poi ribadito il rispetto per la volontà della paziente e l'importanza del lavoro della Regione nel potenziamento delle cure palliative. «Condividiamo le parole del presidente Fontana e sosteniamo la Giunta affinché, in attesa di una normativa nazionale non più rinviabile, coordini il lavoro con le altre Regioni per sviluppare un approccio omogeneo su questo tema».

M5s

«Oggi sono stati chiariti due punti fondamentali: Regione Lombardia è tenuta ad adempiere a quanto disposto dalla sentenza della Corte Costituzionale e Fratelli d'Italia si oppone a normare la materia del fine vita». Queste le parole del capogruppo del Movimento Cinque Stelle in Consiglio regionale, Nicola Di Marco, che ha criticato l'assenza di un quadro normativo regionale sul tema, ritenendo inaccettabile che il Consiglio continui a rimandare la questione al Parlamento.

«Oggi è stato evidente che, secondo il partito di maggioranza relativa, una normativa nazionale non arriverà. Per questo, lasciare medici, infermieri e persone in estrema sofferenza senza indicazioni chiare è disumano», ha affermato. Il capogruppo pentastellato ha poi chiesto chiarimenti sulla posizione futura della Regione. «Il presidente Fontana ha il dovere di dire ai lombardi se si procederà nel rispetto della sentenza, come indicato dall'assessore Bertolaso, o se si piegherà alla richiesta di Fratelli d'Italia di fermarsi».

Infine, Di Marco ha accusato il governatore di non aver fornito risposte concrete: «La questione non è più solo etica o politica, ma pratica. I consiglieri regionali devono assumersi la responsabilità del proprio ruolo. Fontana, scegliendo di non rispondere, ha dato priorità alla tutela della posizione dell'assessore Bertolaso più che agli interessi dei cittadini lombardi».

Il Pd al Pirellone

«Credo che siamo davvero in una brutta situazione perché a livello regionale il centrodestra, con Fontana e Bertolaso d'accordo, ha impedito nei mesi scorsi di adottare una legge regionale che consentirebbe una regolamentazione di interventi che si rendono necessari con la sentenza della Corte Costituzionale. Questo non è accaduto per colpa della maggioranza di centrodestra, che oggi va in pezzi nella gestione effettiva di quei casi delicati e drammatici che si presentano». Lo ha detto il capogruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale, Pierfrancesco Majorino, secondo il quale «c'è una sconfessione di Fontana da parte della destra, ma soprattutto c'è un pasticcio enorme che rischia di far sì che gli operatori sanitari e le famiglie siano lasciate assolutamente da sole di fronte a una vicenda molto triste e delicata».

Anche Miriam Cominelli, consigliera Pd, si è espressa in merito. «In attesa che il Parlamento legiferi la Lombardia deve intervenire per tutelare pazienti e operatori sanitari – dice –. La sentenza della Corte costituzionale sul fine vita è legge e, come tale, che piaccia o no, va applicata. E noi, con la proposta di legge Coscioni, migliorata con diversi emendamenti, volevamo proprio questo: dare risposta a tutte le persone che chiedono di applicare la sentenza della Corte. Una proposta di legge che non definiva nessun principio nuovo, ma stabiliva solo tempi e procedure del suicidio medicalmente assistito, competenze che spettano, come ha anche sottolineato la stessa sentenza della Corte, al Servizio sanitario nazionale, gestito dalle Regioni. Il testo – sottolinea ancora Cominelli – non prevedeva nessun obbligo per il singolo medico di fornire la prestazione. Anzi proprio un nostro emendamento ne tutelava la libertà di coscienza, come fa anche la legge 194, pur prevedendo il diritto alla prestazione. «Non si può – attacca ancora Cominelli – eludere il problema dell’applicazione della sentenza, negando la competenza regionale, che esiste. Se non fosse stato dato seguito alla richiesta avanzata da una donna nei mesi scorsi, la Regione avrebbe potuto essere condannata, come era già successo in occasione del caso di Eluana Englaro. E non si può negare il dovere di fornire il farmaco, che è competenza esclusiva delle farmacie ospedaliere. Negarlo significa aprire al mercato nero. La realtà dei fatti obbligava la Regione a dare seguito alla richiesta della donna che ha chiesto di applicare la sentenza. Ma ora è necessario, in attesa di una norma nazionale, che la Regione intervenga, regolamentando le procedure a tutela di chi fa richiesta del suicidio medicalmente assistito e degli operatori sanitari. Ognuno ha diritto di scegliere come affrontare la sofferenza estrema».

Il pensiero di Feltri

Anche Vittorio Feltri, consigliere FdI, ha detto la sua. «Quando si trattò di approvare l'aborto ci fu un referendum, perché non pensiamo a un referendum anche sul fine vita? Anche perché facciamo tante polemiche sull'eutanasia e poi abbiamo l'aborto. E guai se uno si pronuncia contro, viene assalito dalle femministe. Mi sembra una questione abbastanza idiota essere contro l'eutanasia».

Si è espresso dunque in disaccordo con il suo partito. «Ci sono situazioni tremende, trattandosi di scelta personale non vedo perché non si debba esaudire un desiderio personale. Sento fare discorsi sciocchi sul fine vita e non riesco a comprendere. Sono convinto che un paese civile debba essere in grado di far andare via chi è malato gravemente. Il corpo è mio e decido io», ha aggiunto concludendo con un insulto.

«La vita è un dono di Dio ma se quel dono si tramuta in sofferenza allora uno può anche rinunciarci. Se uno è su un letto con mille cannucce che non respira, non mangia e non parla, come si fa a non considerare che il corpo è suo? Fa quello che vuole», ha concluso.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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