Borgo Tintoretto addio, il piano B della Loggia per salvare 43 milioni e 270 case è Sanpolino

Con Redo l’intesa non c’è: corsa contro il tempo per non perdere (anche) i fondi. Pnrr: a Roma l’ultima parola
La torre Tintoretto appena prima della demolizione - Foto Gabriele Strada Neg © www.giornaledibrescia.it
La torre Tintoretto appena prima della demolizione - Foto Gabriele Strada Neg © www.giornaledibrescia.it
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È un «rischiatutto». Non c’è una via di mezzo: o si vince o si perde. E a decretarlo sarà il Ministero. Sono questi i giorni cruciali, quelli in cui si chiudono (o si aprono, a seconda di quale lato della storia si sceglie di considerare) i giochi per una delle partite amministrative e politiche più delicate per Brescia: il «caso Tintoretto».

La vicenda è tanto complessa quanto stratificata, ma per capire quanto sia importante la posta in gioco basta snocciolare i numeri del banco: 42,4 milioni di euro confluiti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e nove giorni di tempo per non perderli insieme alla possibilità di realizzare 270 alloggi da mettere a disposizione a prezzi popolari.

Per questo la Loggia sceglie di puntare il tutto per tutto su una mano fuori dagli schemi: «traslocare» il cuore del progetto nato per rimpiazzare l’ex torre multicolor nel quartiere accanto, vale a dire Sanpolino.

Binario morto

Con ordine. Trovare il modo per salvare i 42,4 milioni, a differenza dei 17,3 del Foi (Fondo opere indifferibili) ormai persi, è stato il cruccio che ha tormentato per settimane la sindaca Laura Castelletti, l’assessore al Pnrr Marco Garza e il direttore generale Marco Baccaglioni. Il bivio (politico) non era semplice. La prima opzione era proseguire a trattare con Redo Sgr (che si era aggiudicata l’asta dell’ei fu grattacielo Tintoretto per 1,3 milioni di euro e che lo ha demolito) ma il dialogo era ormai impantanato.

La storia, in breve, è questa: la Loggia aveva candidato il «borgo Tintoretto» al bando Pinqua, acronimo di «Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare», aggiudicandoselo. In questo modo i due partner (Comune e Redo) hanno incamerato 42,4 milioni dallo Stato da destinare alla realizzazione dei nuovi alloggi, fondi confluiti poi nel Pnrr. In sostanza la metà dei finanziamenti sarebbero serviti per il progetto (e per abbattere i canoni di affitto), l’altra metà sarebbero rimasti al Comune sempre per interventi di edilizia residenziale.

Questo comportava la sottoscrizione di una nuova convenzione urbanistica, che però Redo non ha mai firmato perché - a fronte dei rincari - non ritiene più sostenibile l’operazione. Insomma, la società chiede più risorse Pnrr rispetto ai 20 milioni iniziali, nonché di rivedere i tempi degli affitti dell’housing sociale (non più per 25 ma per 15 anni). È proprio nel corso di questo tira e molla che Brescia si trova costretta a mettere una croce sopra i 17,3 milioni del Foi. Al momento, dunque, Redo e Comune tornano alla convenzione di partenza, quella firmata nel 2021.

Dallo sgretolamento della torre, però, a San Polo non si è più visto nessun cantiere all’orizzonte. Se Redo deciderà di non procedere la Loggia potrà sì incassare la fidejussione (salvo contenziosi comunque non esclusi), ma resterà a bocca asciutta su una delle emergenze maggiori: la disponibilità di case, tema clou del programma elettorale e di mandato.

La chance

Sindaca e assessori hanno però scelto la seconda strada: chiamare il Ministero e proporre un piano B. Perché cedere tutti i fondi pubblici a Redo o arginare alcuni passaggi burocratici avrebbe significato aprire un fronte ingestibile, specie con un Piano di governo del territorio da redigere alle porte.

Il ragionamento è questo: se la società proprietaria dell’area dell’ex Tintoretto deciderà di procedere con gli accordi del 2021 bene, altrimenti si andrà ad escutere la penale. Nel frattempo, il Comune realizzerà, per i fatti suoi (anche grazie a Brescia Infrastrutture), gli alloggi a canoni convenzionati a Sanpolino. Il quartiere più giovane della città ha infatti ancora in tasca diritti edificatori non realizzati.

Un primo approccio tra Loggia e Ministero delle Infrastrutture è già avvenuto: la settimana scorsa l’intesa sembrava fatta, specie perché il fattore tempo è un problema superato. Le opere legate al Pnrr, infatti, devono essere realizzate entro il 2026: non solo il Comune aveva garantito la tabella di marcia, ma stando alla ricognizione generale - come confermano più fonti romane - è assai probabile che venga accordata una deroga agli enti locali. Il problema è semmai un altro: Brescia ha vinto quei 42,4 milioni partecipando al bando Pinqua, che aveva criteri ben precisi.

Uno dei requisiti era avere un progetto specifico: non solo l’opzione Sanpolino non era in lizza, ma non ha neppure un disegno definitivo. Di qui i nuovi dubbi, a partire dalla possibilità che altre città possano alzare la mano per un ricorso.

I più pessimisti (da Roma) parlano ora di una partita completamente aperta, un fifty-fifty. I più ottimisti puntano sul 60% di possibilità di buona riuscita. Non bisognerà attendere molto per il verdetto: la settimana prossima il team della Loggia sarà a Roma per delineare l’operazione ancora più nel dettaglio. Un «rischiatutto»: o si vince o si perde.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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