Perché è così difficile prevedere i temporali?
I temporali sono tra i fenomeni atmosferici più amati e temuti. Possono rivelarsi molto pericolosi, come nel caso della multicella di mercoledì, ma al tempo stesso offrono spettacoli suggestivi e sono particolarmente apprezzati dai fotografi. Sembrerà banale, ma non esiste un temporale senza attività elettrica: se non c’è almeno un fulmine, si può parlare “solo” di forte pioggia (i classici acquazzoni o rovesci estivi).
A questo punto è bene chiarire un aspetto molto importante, legato alle previsioni del tempo: individuare, con un ragionevole anticipo, l’esatta localizzazione di questi fenomeni è pressoché impossibile. Ecco perché, nei bollettini meteorologici, vi capiterà di leggere frasi come questa: “nel pomeriggio probabili temporali sulle zone alpine e prealpine”. Se si tratta di fronti temporaleschi estesi il margine d’errore si riduce, ma quando siamo di fronte a celle temporalesche di piccole dimensioni tutto si complica. Possono svilupparsi all’improvviso, colpire aree molto ristrette e dissolversi altrettanto rapidamente. Un conto è una perturbazione organizzata, che coinvolge in modo omogeneo un ampio territorio, un altro è una situazione di estrema variabilità, in cui zone distanti pochi chilometri possono assistere a scenari completamente diversi.
A volte si rimpiangono i “meteorologi di una volta”, ma in realtà in passato gli errori erano molto più frequenti. Oggi la scienza ha fatto notevoli passi avanti, ma è cambiato l’approccio dell’utente, che pretende una precisione che le previsioni non possono (e non potranno mai) garantire.
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