Protesi mitralica, impianto a cuore battente

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La sostituzione valvolare mitralica rappresenta il trattamento di scelta nelle patologie della valvola mitrale in cui non può essere eseguita una riparazione.

Il progressivo aumento dell'età media dei pazienti sottoposti a questa procedura, associato ai rischi della terapia anticoagulante nei soggetti anziani, ha spinto i chirurghi di tutto il mondo ad utilizzare sempre di più le protesi valvolari biologiche.

Si tratta di protesi assemblate utilizzando tessuti animali che non richiedono terapia anticoagulante e che garantiscono una migliore qualità di vita (figura 1).

Tali protesi però, nel tempo, vanno incontro ad una progressiva degenerazione con conseguente malfunzionamento (figura 2).

Questo problema viene attualmente risolto sostituendo la protesi con un secondo intervento, gravato tuttavia, da un rischio chirurgico maggiore del primo, in particolare se il paziente è una persona anziana, magari con un fisico compromesso da altre patologie.

È in questo panorama che, recentemente, si è sviluppata una tecnica che consente il ripristino delle funzionalità originali della protesi senza procedere all'intervento tradizionale.

Si tratta di una procedura che non prevede l'utilizzo della circolazione extracorporea, necessaria ad arrestare il cuore e che consente un rapido recupero post operatorio anche a pazienti con numerose patologie associate.

Consiste nell'impianto di una nuova bioprotesi all'interno di quella vecchia e malfunzionante attraverso una piccola incisione laterale del torace di 5-6 centimetri e dell’apice cardiaco (nella figura 3 l’incisione del torace e nella 4 l’impianto della nuova bioprotesi).

Questo tipo di intervento per ora è riservato a pazienti che presentano un elevato rischio con la chirurgia tradizionale, ma gli iniziali buoni risultati fanno ben sperare in una diffusione più ampia.

Attualmente in Europa questo intervento (denominato valve in valve procedure) è stato eseguito in molti centri con dei buoni risultati anche a distanza.

Sulla base di queste evidenze scientifiche, è stato eseguito in Poliambulanza il primo impianto di bioprotesi all’interno di una precedente bioprotesi mitralica degenerata .

La procedura è andata a buon fine e la paziente, una donna di 83 anni portatrice di una protesi mitralica degenerata impiantata 14 anni prima, è stata dimessa dopo cinque giorni di ricovero.

L’intervento è stato eseguito dal team della cardiochirurgia diretto da Gianni Troise, coadiuvato dai cardiologi e cardio-rianimatori appartenenti ad un gruppo di lavoro che si dedica da anni al trattamento transcatetere delle patologie valvolari cardiache.

L’episodio conferma gli ultimi dati pubblicati dall’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che ha recentemente classificato ai primi posti a livello nazionale la cardiochirurgia della Fondazione Poliambulanza, nel trattamento delle malattie valvolari cardiache.

Dati che, per il 2013, collocano la Cardiochirurgia della Poliambulanza tra le migliori realtà a livello nazionale nella chirurgia valvolare riparativa e sostitutiva, con una mortalità dello 0,28%.

«Disporre di tutte le opzioni di trattamento, dall’approccio mini-invasivo della chirurgia convenzionale, fino all’utilizzo di metodiche innovative come quella del caso descritto, permette di affrontare casi sempre più complessi e a rischio sempre più elevato, che non avrebbero altrimenti una possibilità di soluzione» spiega Giovanni Troise, direttore della Cardiochirurgia della Fondazione Poliambulanza.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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