Trekking in Franciacorta, anche quando fa freddo

Sentieri ricoperti di brina, percorsi avvolti dalla nebbia e scenari lievemente imbiancati: ecco gli itinerari adatti anche alle famiglie
L'alba vista dal Redentore - Foto Marzio Palini
L'alba vista dal Redentore - Foto Marzio Palini
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Sentieri ricoperti di brina, percorsi avvolti dalla nebbia e talvolta scenari lievemente imbiancati. Nel corso dell’inverno che si affaccia alle porte sono questi gli scenari che si ritroveranno davanti agli occhi gli appassionati di trekking e i camminatori che metteranno piede anche in Franciacorta o nelle zone limitrofe.

Val Palot

Come in Val Palot, un’oasi di pace situata tra il lago d’Iseo e il Monte Guglielmo nonché meta prediletta dagli sciatori in erba, grazie alla presenza di un campo scuola recentemente rinnovato. Ma soprattutto è nota per la celebre ciaspolata notturna che ogni anno attraversa il comprensorio lungo un percorso di circa otto chilometri, con un dislivello di 300 metri. Ma non bisogna necessariamente attendere la notte del 24 febbraio per esplorare la valle.

Bosco degli Gnomi

Dev’essere poi particolarmente suggestivo e misterioso in questo periodo dell’anno il cosiddetto Bosco degli Gnomi, area disseminata di sculture in legno posizionate lungo il tracciato. La mulattiera acciottolata entra in un lungo tratto contraddistinto da decine di fantasiose, grottesche, talvolta inquietanti sculture lignee intervallate a distanze regolari. Le immaginate, spuntare tra la nebbia e il freddo?

Il tracciato, con forte pendenza, si inoltra nella Valle Vandul: proseguendo lungo il sentiero si raggiunge un bivio dove è possibile scegliere tra due percorsi, il n. 227 o il 227A, più ripido nel bosco ma che consente di guadagnare tempo.

Raggiunte la Malga Casentina il percorso riprende su di un sentiero più stretto ma non difficile fino ad un prato in prossimità della malga Palmarusso di Sotto. Seguendo le indicazioni bisogna poi proseguire fino ad una pozza e infine al Rifugio Almici. Da qui si può imboccare l’ultimo tratto di sentiero per raggiungere la vetta del Monte Guglielmo, dominata dal monumento del Redentore e da cui ammirare un paesaggio mozzafiato.

Monte Guglielmo

In questo periodo, non appena le prime nevicate coprono di bianco le cime più alte dei monti ogni sguardo viene attratto dal gigante conosciuto da tutti i bresciani: «El Golem». Sulle carte geografiche il suo nome era Culmine, ma il dialetto della gente lo trasformò e la linguistica fece il resto.

Dalla vetta chiamata Castel Bertino l’occhio spazia a 360 gradi su un paesaggio che pare dipinto; una rosa dei venti, scolpita nella pietra e posta a 1949 metri, indica all’escursionista i punti cardinali. Sulla vetta della montagna si arriva però anche da altri sentieri: da Pezzoro, dalla Pontogna, da Caregno, dalla Val di Inzino, dalla Croce di Marone. Due o tre ore di cammino, d’inverno nel biancore della neve.

Per circa un secolo la cappella al Redentore è rimasto l’unico avamposto della cima. Da qualche tempo a farle compagnia c’è la figura in bronzo di Paolo VI. I due monumenti, a pochi metri di distanza, sono legati da un unico filo e rappresentano la meta degli escursionisti partiti da Zone ma anche il misticismo che caratterizza il Guglielmo. Il Dosso Pedalta, a quota 1957 metri di altezza, rappresenta la massima elevazione della dorsale e concede una vista inedita sulle valli e sul lago d’Iseo.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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