Sud Africa tra bici e kayak, impresa riuscita per Campana: il racconto dei suoi 3.000 km
Ettore Campana, il ciclista e avventuriero bresciano, è da poco rientrato in città dopo avere concluso «Scalo Sogni South Africa 2023», progetto-avventura ancora una volta dedicato ai bambini del reparto di oncoematologia pediatrica del Civile che, dopo l'avventura sulle Alpi, è proseguito in Sudafrica con la traversata Cape Town- Maputo.
I numeri dell'impresa
Campana ha trascorso 42 giorni in viaggio, dei quali 35 in bicicletta, attraverso i paesi del Sud Africa, Lesotho, Eswatini e Mozambico, per un totale di 3.220 chilometri in sella, con 63 percorsi a piedi, per un dislivello totale positivo di 45.900 metri in bici (4.650 a piedi).
I numeri però non restituiscono l’immagine di un viaggio affascinante e ricco di sfide, soprattutto per l'aspetto meteorologico, per il tempo ridotto a disposizione, e per la necessità di mantenersi attento raccogliendo le raccomandazioni che i locali consegnavano a Campana all’ingresso di ogni nuovo paese.
È lo stesso Ettore a raccontarlo.
«Il desiderio era quello di vivere un'avventura intensa ed autentica, esplorando a fondo le bellezze naturalistiche di questi paesi».
Quali difficoltà hai incontrato?
«Avevo sottovalutato le condizioni metereologiche di queste terre selvagge. Pensavo che, essendo primavera, avrei trovato condizioni favorevoli, e invece ho dovuto affrontare sfide differenti. Per quasi tre settimane ho pedalato combattendo contro la violenza dei venti oceanici che puntualmente iniziavano a soffiare verso metà mattina e non si placavano fino a tarda sera. Poi, raggiunte le montagne, quasi ogni pomeriggio hanno iniziato a scatenarsi forti temporali estivi: mi sono trovato al centro di due di questi, uno dei quali è stato tremendamente violento. Prima di entrare in Lesotho ho contratto un virus intestinale che mi ha causato nausea e vomito, impedendomi di mangiare e indebolendomi molto. Ho affrontato le tappe più dure con dislivelli di oltre 2.000 metri in condizioni di grande spossatezza e malessere; ammetto di esser stato in difficoltà. Infine, negli ultimi 10 giorni, ho dovuto affrontare l'arrivo di un'ondata di calore con temperature che hanno raggiunto 40 gradi».
Che luoghi hai scoperto?
«Il viaggio è stato intenso, vivo e mai banale. Ho attraversato paesaggi meravigliosi: dalle coste atlantiche, alla savane, dalla giungla alle aride montagne del Lesotho. Ho pedalato per campagne selvagge e isolate, visitato spiagge deserte e risalito un fiume con il kayak per cercare una cascata. Quel giorno ho rischiato di rimanere bloccato nella giungla in quanto la spiaggia sulla quale avevo lasciato il kayak era quasi scomparsa a causa del fiume che, nel giro di 3 ore, aveva triplicato il suo volume con la sua corrente che si stava quasi portando via l'imbarcazione».
Hai incontrato animali?
«Non ho partecipato ad alcun safari ma gli avvistamenti sono stati innumerevoli e quotidiani. Ho incontrato scimmie, babbuini, struzzi, gnu, bufali, zebre, antilopi, kudu, giraffe, elefanti, facoceri, rapaci, uccelli, rettili ed insetti di ogni tipo, serpenti velenosi, e ho anche avvistato le balene».
Che accoglienza hai ricevuto?
«L'aspetto più sorprendente del viaggio è stata l'incredibile ospitalità ricevuta dai locali: sono stato ospitato tantissime notti e nei contesti più inaspettati. Spesso conoscevo qualcuno in un supermercato e mi veniva offerto aiuto. È poi iniziato un vero e proprio passaparola ed il mio viaggio ha iniziato a fare notizia nel Paese, così stabilivo le mie tappe in base a dove sarei stato ospitato. Sono entrato in un giro di conoscenti allevatori, contadini e poliziotti che mi hanno aiutato moltissimo, invitandomi a passare la notte nelle loro case e consigliandomi le strade più sicure e le zone da evitare. Il loro supporto è stato provvidenziale!. Alcune notti mi sono dovuto accampare e la situazione non era mai di assoluta tranquillità. Cercavo di nascondermi nella natura, ma avevo sempre la sensazione che qualcuno mi avesse visto. C'era poi il discorso degli animali selvatici che regnano nel paese, quindi bisogna fare attenzione anche a loro: i più temibili erano i babbuini che spesso sentivo gridare nella notte. La domanda che mi è stata fatta più di frequente dai locali è stata: "Are you not afraid?"».
Hai salito anche alcune montagne?
«Table Mountain 1018m, Leopard's Eyes Viewpoint 700m (ho dato io il nome a questo luogo speciale, dato che non l’aveva, ispirato da un enorme masso raffigurante un felino presente sulla cima, Lady's Slipper 571m, Hodgson's Peak South 3257m, Mqatsheni 3276m, Thabana Ntlenyana 3482m (cima più alta del Lesotho e del Sudafrica)».
Che ritmi di viaggio hai tenuto?
«Solitamente mi svegliavo alle 5 e cercavo di essere in sella per le 6. Era importante partire presto per anticipare lo scatenarsi dei venti o l'esplosione del caldo che, in assoluto, sono stati i due più grandi "avversari". Durante le lunghe ora in sella ero sempre solo e non ho mai incontrato nessun altro ciclista o cicloviaggiatore».
Hai avuto problemi tecnici?
«La bicicletta si è comportata abbastanza bene anche se è arrivata a fine viaggio decisamente provata. Ho avuto un problema il primo giorno con il pedale sinistro ma l’ho risolto in un paese rivolgendomi a una sorta di meccanico. Per due giorni ho pedalato senza freni in quanto avevo bruciato le pastiglie nelle ripide discese del Lesotho. Mi si è spaccato il filo del cambio posteriore e ho forato tre volte».
Come hai fatto a mantenere i contatti con i bambini del reparto di oncoematologia pediatrica?
«Tramite una sim locale ho sempre avuto connessione Internet e in questo modo il collegamento con loro e con chi mi seguiva è stato quotidiano. Ho anche documentato il viaggio sui social: tutti i giorni pubblicavo storie che mostravano il quotidiano delle mie giornate, mentre con i post\reel narravo più nello specifico gli avvenimenti. Ho anche girato tanti video con la GoPro installata sul manubrio. Quest'inverno, con un amico, lavoreremo alla realizzazione di un video-movie».
Hai raggiunto gli obiettivi che ti eri prefissato alla partenza?
«Sì, i principali sono stati: completamento della traversata Cape Town-Maputo entro 45 giorni, salita del passo più alto del Sud Africa (Sani Pass, 2.876 metri), salita della montagna più alta del Sud Africa (Thabana Ntlenyana 3.482 metri). Inoltre, ho avuto molte interazioni con i bambini africani, e ho regalato loro i disegni che i bambini dell'ospedale di Brescia mi avevano affidato. Anche la bandierina italiana, simbolo di fratellanza di questo viaggio, è stata firmata da tantissimi bambini africani e verrà donata al reparto bresciano in ricordo della nostra avventura».
@Buongiorno Brescia
La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato