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Sicurezza in montagna, i soccorsi nel Bresciano sono cresciuti del 10%

Dato in linea con il resto del Paese che ha riscoperto le camminate in pandemia
Salvataggio e recupero in alta montagna del Soccorso alpino - © www.giornaledibrescia.it
Salvataggio e recupero in alta montagna del Soccorso alpino - © www.giornaledibrescia.it
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Migliore fruibilità dei sentieri montani, accessi facilitati e flussi in crescita ad alta quota, soprattutto dopo la riscoperta della montagna durante la pandemia. Sono alcuni dei fattori che hanno contribuito all’incremento (pari al 10%) delle chiamate da parte di chi è in difficoltà e si trova bloccato in boschi o in luoghi impervi. I due recenti decessi ad alta quota, a distanza di sole 24 ore (prima l'ingegnere 66enne di Cologne Gianluigi Brenna, precipitato in Trentino, poi la 52enne di Darfo Boario Terme Gabriella Barbiera caduta sulle Orobie orientali), hanno riacceso i riflettori sulla sicurezza delle tante escursioni del weekend.

Il fenomeno

A spiegare perché le richieste di soccorso sono in crescita è Pierangelo Mazzucchelli, capo della V Delegazione bresciana del Soccorso Alpino: «È una percentuale, in linea con i dati nazionali, molto legata all’aumento della frequentazione della montagna: i visitatori sono aumentati in maniera esponenziale e a questo si aggiungono le attività in crescita come le escursioni in mountain bike. Automaticamente aumentano le probabilità di rischio».

Consigli

La stagione primaverile porta con sé nuovi e diversificati rischi, che chi vuole dedicarsi ad una gita fuori porta deve tenere a mente: «Bisogna ricordarsi che in montagna l’inverno non è ancora terminato e che possiamo trovare condizioni diverse. Occorre quindi consultare frequentemente i bollettini meteo, informarsi molto e spesso sui percorsi e le condizioni montane, che stanno cambiando in maniera rapida. Non basta più reperire informazioni su siti internet o guide cartacee come una volta, la propria conoscenza va integrata con notizie di prima mano, magari sul territorio, tramite guide alpine, gruppi Cai e gli stessi soccorritori. Loro possono descrivere in tempo reale lo scenario».

Dall’osservatorio del Soccorso Alpino emerge che i casi estremi di dispersi, frutto della totale inconsapevolezza, rappresentano solo una minima parte delle richieste di aiuto. Le stesse attività di recupero e salvataggio si focalizzano, a seconda dei periodi dell’anno, soprattutto sugli escursionisti. Nel periodo della maggiore fioritura di funghi, invece, il lavoro è concentrato sul recupero dei cercatori, «un’attività difficile e complessa».

I consigli di Mazzucchelli, dunque, sono semplici ma chiari: «Bisogna documentarsi sempre prima di partire, programmare con attenzione l’escursione in modo che si adatti alle nostre capacità fisiche e al nostro allenamento. La parte più importante e più difficile per ognuno è quella di saper rinunciare, quando si hanno i primi sentori di difficoltà». E se la tecnologia può fornire assistenza ai viaggiatori, non bisogna fare affidamento totale su di essa, ma prevedere anche un’alternativa: «Stanno crescendo le app utili sia per la geolocalizzazione che per il tracciamento dei percorsi, ma sono strumenti voraci di energia che in montagna durano meno e in molti casi hanno poca copertura telefonica, se non assente».

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