Outdoor

L’equilibrio tra i tetraonidi e gli sport invernali

Ruggero Bontempi
La stagione più fredda dell’anno è la più complicata da superare per gli animali che compongono la fauna alpina. Ecco alcuni comportamenti da seguire quando si frequenta la montagna, per evitare di stressarli e indebolirli
Una pernice bianca presente anche sulle montagne bresciane
Una pernice bianca presente anche sulle montagne bresciane
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In punta di piedi, e per estensione in riferimento al periodo invernale anche con leggerezza di sci e di racchette da neve. Tali suggerimenti comportamentali sono un dovere per tutti gli appassionati di montagna che frequentano i contesti naturali in queste settimane per la pratica di sport outdoor.

La stagione più fredda dell’anno è la più severa e complicata da superare per gli animali che compongono la fauna alpina. Il capriolo, il camoscio, lo stambecco, il cervo, la lepre variabile e l’ermellino sono alcune delle specie che, per raggiungere indenni la primavera, utilizzano una serie di adattamenti fisiologici, anatomici e di variazione delle abitudini.

I tetraonidi

Non sono esenti da queste strategie anche i tetraonidi, uccelli che non realizzano migrazioni invernali verso le regioni più calde, ma rimangono nella stagione fredda nelle stesse aree frequentate per la riproduzione.

In alcuni ambiti privilegiati della provincia di Brescia, dalle valli camune del Parco Nazionale dello Stelvio fino ai rilievi prealpini dell’alto Garda, sono presenti con distribuzione difforme il gallo cedrone, il francolino di monte, la pernice bianca e il gallo forcello.

Come salvaguardarli

In queste settimane tali animali soddisfano le necessità alimentari mediante il reperimento di cibo in forma di aghi di conifere, rametti e gemme, disponibili in quantità ma di scarso apporto energetico, e che richiedono inoltre tempi lunghi per la digestione. L’interruzione di questa fase causata dal passaggio di uno scialpinista o di un escursionista è quindi motivo per l’animale di notevole stress e di indebolimento.

Per allontanarsi da una minaccia improvvisa, come ad esempio l’arrivo ad alta velocità di uno sciatore fuoripista, l’involo da una cavità di neve dove trova rifugio comporta per un tetraonide un dispendio energetico pari a circa venti volte quello che si registra nelle fasi di normale metabolismo.

Anche se vengono considerate a basso impatto, in quanto non necessitano di infrastrutture invasive come quelle richieste per la pratica dello sci da discesa, anche alcune discipline sportive outdoor possono quindi arrecare disturbi significativi alla fauna selvatica.

È il caso dell’escursionismo con le racchette da neve, degli avvicinamenti alle cascate di ghiaccio e anche dello scialpinismo, che in funzione della quantità di neve presente al suolo frequenta fasce altimetriche estese da circa mille metri fino oltre i tremila. La consapevolezza è il primo fattore per garantire modalità di fruizione all’insegna del rispetto per questi animali.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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