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L'alpinista Leo Gheza da Esine alla Patagonia: aperta una nuova via sulla Mermoz

Il bresciano in vetta con Matteo Della Bordella. Risalito anche il Fitz Roy. Poi altre salite in Cile. Senza trascurare il parapendio
  • Leo Gheza in Patagonia, sfida al Fitz Roy
    Leo Gheza in Patagonia, sfida al Fitz Roy
  • Leo Gheza in Patagonia, sfida al Fitz Roy
    Leo Gheza in Patagonia, sfida al Fitz Roy
  • Leo Gheza in Patagonia, sfida al Fitz Roy
    Leo Gheza in Patagonia, sfida al Fitz Roy
  • Leo Gheza in Patagonia, sfida al Fitz Roy
    Leo Gheza in Patagonia, sfida al Fitz Roy
  • Leo Gheza in Patagonia, sfida al Fitz Roy
    Leo Gheza in Patagonia, sfida al Fitz Roy
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Un altro segno della sua creatività, dell’energia e della vitalità alpinistica Leo Gheza l’ha appena lasciato sulle montagne della Patagonia, dove si è recato in spedizione tra gennaio e febbraio 2023. E dove con un altro nome noto agli amanti dell'alpinismo come Matteo Della Bordella ha aperto una nuova via.

Il giovane alpinista di Esine, membro del Club Alpino Accademico Italiano, è da poco rientrato dalle celeberrime, ambite e difficili pareti sulle quali si sono svolte alcune tappe fondamentali, storiche e recenti, della storia dell’alpinismo, che hanno visto protagonisti anche alpinisti italiani tra i quali i Ragni di Lecco, Cesare Maestri, Casimiro Ferrari, Ermanno Salvaterra.

Il racconto della spedizione nel colloquio con Leo.

Quando siete partiti?

«Il 31 dicembre 2022 siamo arrivati a El Chalten in tempo per festeggiare l’ultimo dell’anno. Con me c’è anche Magda, per la prima volta qui per vedere e toccare il granito della skyline più bella al mondo. Ad aspettarci ci sono Matteo Della Bordella con Arianna e il figlio Lio. I progetti sono ambiziosi, ma come sempre in questa regione bisogna fare i conti con le brevi finestre meteorologiche propizie».

  • Leo Gheza, la nuova via aperta sulla Aguja Memroz
    Leo Gheza, la nuova via aperta sulla Aguja Memroz
  • Leo Gheza, la nuova via aperta sulla Aguja Memroz
    Leo Gheza, la nuova via aperta sulla Aguja Memroz
  • Leo Gheza, la nuova via aperta sulla Aguja Memroz
    Leo Gheza, la nuova via aperta sulla Aguja Memroz
  • Leo Gheza, la nuova via aperta sulla Aguja Memroz
    Leo Gheza, la nuova via aperta sulla Aguja Memroz

L’avvio delle attività quando è avvenuto?

«Il 9 gennaio sono partito con Matteo in compagnia del mitico Sean Villanueva, l’alpinista belga che ha ricevuto il prestigioso premio internazionale Piolet d’Or per avere effettuato in solitaria la Moonwalk Traverse, ovvero la prima traversata completa da sud a nord del massiccio del Fitz Roy.

L’obbiettivo era quello di aprire una nuova via sulla parete Est della Mermoz (la cima di fianco al Fitz Roy). Abbiamo raggiunto il Passo Guillaumet nel primo pomeriggio, super carichi, assieme anche a Magda, che aveva il desiderio di volare con il parapendio.

Dopo avere attraversato il ghiacciaio abbiamo raggiunto velocemente la base della parete e risalito il facile zoccolo. Purtroppo alcuni blocchi di roccia mossi inavvertitamente hanno tranciato una corda, ma abbiamo deciso di continuare lo stesso.

Sfruttando due tiri di una vecchia via ci siamo diretti verso il centro della parete, trovando un mare di granito mai salito da nessuno, che abbiamo sfruttato scalando fino al tramonto, quando abbiamo raggiunto la cima sulla parete in ombra. Vedevo Magda volare al sole e provavo una leggera invidia.

La nostra cordata ha disegnato una linea logica, attrezzata tutta con protezioni rimovibili senza lasciare niente in parete. Si è trattato di un’arrampicata varia, quasi sempre in fessura e molto fisica. Contenti e stanchi abbiamo bivaccato comodamente sulla cumbre (cima, ndr), e la mattina seguente siamo scesi con una serie di corde doppie dal Pilar Rojo e abbiamo fatto ritorno a El Chalten per gustarci un hamburgherone».

Poi siete ripartiti.

«Sì. Quattro giorni dopo le previsioni hanno evidenziato tre giorni stabili con alta pressione, quindi ci siamo rimessi subito in attività con l’intenzione di ripetere il Fitz Roy Traverse, la traversata della cresta del Fitz Roy compiuta da Tommy Caldwell e Alex Honnold nel 2014, due mostri sacri dell’alpinismo. 

Con Matteo siamo quindi tornati al Passo Guillaumet dove abbiamo riposato e riorganizzato il materiale per trascorrere quattro giorni e mezzo in parete.

La mattina del 17 gennaio siamo partiti alle prime luci dell’alba sulla via Brenner, e abbiamo raggiunto la vetta della Guillaumet in poco più di due ore nonostante gli zaini dal peso di circa 10 kg. In altre 4 ore siamo saliti sulla cima della Mermoz, dalla quale, alle ore 17, siamo arrivati al Bloco Empotrado dove abbiamo cenato e bivaccato con una busta di cibo disidratata a testa, mezzo materassino e un sacco a pelo in due.

La mattina del 18 siamo abbiamo salito il Pilastro Goretta, ma una cascata d’acqua favorita dello zero termico elevato e il vento in aumento da ovest ci ha costretto a fermarci per la notte. Le previsioni fornite via radio da Magda, che ci ha offerto un fondamentale supporto tecnico e morale, non erano buone. La mattina seguente siamo comunque saliti sui tiri finali della via aperta da Renato Casarotto e alle 11.30 di giovedì 19 gennaio abbiamo messo piede sulla cima del Fitz Roy.

  • Sul Care Bear Traverse
    Sul Care Bear Traverse
  • Sul Care Bear Traverse
    Sul Care Bear Traverse

Purtroppo le condizioni meteorologiche non ci offrivano garanzie sufficienti per poter continuare sulla Poincenot, nonostante avessimo provviste per altri giorni. Siamo comunque soddisfatti perché in poco più di due giorni abbiamo concluso il Care Bear Traverse, la stupenda traversata che parte dal passo Guillaumet e arriva sulla cima del Fitz Roy.

La discesa è avvenuta in corda doppia sulla via Franco-Argentina, e messi di nuovo i piedi sul ghiacciaio abbiamo percorso altri 17 chilometri per fare rientro a El Chalten la sera stessa. Devo ringraziare il mio compagno di cordata Matteo, fortissimo alpinista preciso e metodico, che ha condiviso con me queste due salite in breve tempo».

C’è stato spazio per altre salite?

«Ho scalato in febbraio la via Brenner alla Guillaumet, con Magda, Bermejo e Rigon, poi, a causa del cattivo tempo persistente nella zona, ci siamo trasferiti a Cochamò in Cile che abbiamo raggiunto con viaggio in autobus di 8 ore e volo interno di 2 ore.

  • Leo Gheza nella Valle Cochamò, in Cile, tra vette e parapendio
    Leo Gheza nella Valle Cochamò, in Cile, tra vette e parapendio
  • Leo Gheza nella Valle Cochamò, in Cile, tra vette e parapendio
    Leo Gheza nella Valle Cochamò, in Cile, tra vette e parapendio
  • Leo Gheza nella Valle Cochamò, in Cile, tra vette e parapendio
    Leo Gheza nella Valle Cochamò, in Cile, tra vette e parapendio
  • Leo Gheza nella Valle Cochamò, in Cile, tra vette e parapendio
    Leo Gheza nella Valle Cochamò, in Cile, tra vette e parapendio

La valle di Cochamò è bellissima, simile alla Valle di Mello ma più vasta e con foreste estese. Anche qui abbiamo realizzato altre salite e voli con il parapendio.

Al rientro a El Chalten ho trovato persistenti cattive condizioni meteorologiche, pertanto io e Matteo siamo rientrati al Passo Guillaumet nella bufera per recuperare tutto il materiale. Questa è la montagna, questa è la Patagonia, o la ami o la odi. Ad ogni modo siamo contenti perché siamo consapevoli che il nostro progetto è realizzabile nei tempi da noi prefissati. Il 5 marzo abbiamo fatti ritorno a casa».

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