Dalla Alpi all'Adriatico, pedalando tra natura, storia e arte
Dall’aria frizzante delle valli alpine e prealpine alla tiepida brezza intrisa di salsedine di Grado, con le sue antiche case sull’Adriatico. Dalla biodiversità della grande foresta di Tarvisio ai vigneti delle colline friulane per approdare in una laguna dalla grande ricchezza di fauna e speci arboree mediterranee. Dalle indimenticabili Sacher di Salisburgo alle grigliate di pesce. Dalle radicate memorie asburgiche al famoso Castello di Udine e alle colonne romane del foro di Aquileia, gelosa custode di bellissimi mosaici. Insomma, è un «Grand Tour» in sedicesimo che incrocia natura, storia, cultura, arte e buoni sapori con meta ovviamente italiana, quello offerto a ritmo di bicicletta, cioè senza fretta, dalla Ciclovia Alpe Adria che collega la città di Mozart alla piccola patria del poeta Biagio Marin.
La ciclovia aiuta ad «addomesticare» il severo paesaggio alpino e il suo aspro fascino con la promessa del mare a portata di pedali. Alpe Adria è un nome divenuto familiare da poco più di due decenni, quando si pensò di creare una euroregione transfrontaliera tra terre confinanti e legate storicamente tra loro (anche su fronti bellici opposti), a cavallo tra Alpi e Adriatico. Come lo sono, tra le altre, il Salisburghese, la Carinzia e il Friuli-Venezia Giulia. L’idea istituzionale non è decollata, ma nel frattempo se ne sono concretizzate altre. Una è quest’arteria ciclabile che le attraversa: itinerario alla portata di tutti i cicloturisti, specie se con bici a pedalata assistita con cui affrontare i dislivelli complessivi di 2500 metri distribuiti sui poco più di 400 chilometri, peraltro quasi tutti paralleli alla rete ferroviaria (su cui contare in caso di necessità).
Una sintesi dell’itinerario la si può gustare percorrendo le tre tappe finali (più le eventuali deviazioni) in terra italiana, un «serpentone» di quasi 180 chilometri che corre verso l’Adriatico come un fiume: da Tarvisio a Venzone, da Venzone a Udine e infine da Udine a Grado, passando dalla fortezza a stella di Palmanova e da Aquileia, che fu storica capitale del Nord in epoca romana e poi metropoli cristiana per secoli. Superato il valico di Camporosso, spartiacque idrografico tra mar Nero e Adriatico, dopo Tarvisio la ciclovia imbocca il sedime del vecchio tracciato della ferrovia Pontebbana nel tratto forse più suggestivo. A Malborghetto un’artista locale Marina Gioitti ha reso omaggio alla grande fauna della foresta tarvisiana, un tempo territorio esclusivo di caccia degli Asburgo, con un Parco dell’arte nel bosco, l’AniMalborghetto. A Resiutta le vecchie miniere dismesse sono ora diventate un museo. Rimesso a nuovo e con i ponti in ferro sulle acque del Fella, la ciclabile diventa un inesorabile piano inclinato che porta a Moggio Udinese e al Tagliamento. Qui si abbandonano le gole della Val Canale e del Canale di Ferro, e si punta su Venzone, sul tratto inaugurato lo scorso maggio. Ora il paesaggio si apre sulle Prealpi Giuliane e, poi man mano si va a Sud, sulle colline che solcano la pianura verso il Veneto.
Fatta tappa a Udine (la città merita una visita adeguata anche sotto il profilo enogastronomico), ci aspetta Palmanova, esempio insuperato di urbanistica militare veneta. Qui l’aria di mare si avverte. Grado è a meno di 30 chilometri, ma c’è Aquileia prima del tuffo in Adriatico. Vale la pena di trattenere la voglia di mare per una sosta che fa bene all’anima e alla mente prima di approdare a Grado e alla sua Basilica delle Grazie, alla cui ombra nacquero Biagio Marin e i suoi versi: «E 'ndéveno cussì le vele al vento, lassando drìo de noltri una gran ssia, co' l'ánema in t'i vogi e 'l cuor contento sensa pinsieri de manincunia». «E andavano così, le vele al vento, lasciando dietro di noi una gran scia, con l'anima negli occhi e il cuor contento/senza pensieri di malinconia». Come con le bici.
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