Dal Polo Nord al museo: in mostra la Tenda Rossa di Umberto Nobile
L’avventura dell'esplorazione del Polo Nord è condensata nei pochi metri quadrati di una tenda esposta in questi giorni a Milano.
La Tenda Rossa di Nobile è uno dei simboli più conosciuti dell’avvincente epoca esplorativa che si è sviluppata attorno alle gesta di uomini determinati e forti, talvolta fortunati, altre volte al centro di vicende drammatiche, che hanno preso corpo tra le acque dei mari, le enormi distese di ghiaccio affrontate con slitte trainate dai cani e i cieli dell’Artico.
Uno di questi uomini rispondeva al nome di Umberto Nobile, e la sua è una storia - alla quale si lega anche quella di un bresciano di Rovato, che dell'equipaggio faceva parte - che fa ancora discutere.
Dopo la spedizione vittoriosa dell’aeronave Norge del 1926, nel corso della quale Roald Amundsen sorvolò per la prima volta il Polo Nord in compagnia dello stesso Nobile, quest’ultimo fu nominato generale e ricevette l’incarico di allestire una spedizione finalizzata a portare il tricolore al Polo Nord utilizzando il dirigibile Italia, e ad impiantare lì un campo base di supporto per la realizzazione di misure scientifiche.
La spedizione
L’equipaggio partito da Milano raggiunse a tappe la meta poco dopo la mezzanotte del 24 maggio 1928, ma una bufera fece precipitare il dirigibile. I nove superstiti, alcuni dei quali feriti, recuperarono una parte del materiale che comprendeva una modesta quantità di viveri, attrezzature di emergenza, una piccola stazione radiotelegrafica grazie alla quale furono allertati i soccorsi, e anche una tenda a pianta quadrata che misura 270 centimetri per lato, che fu pitturata di rosso con l’anilina per ottenere maggiore visibilità.
Il piccolo ricovero fabbricato in seta, destinato in origine ad accogliere gli scienziati per brevi periodi, ospitò invece gli esploratori dispersi in ambiente ostile tra i ghiacci, per 48 giorni, prima dell’arrivo dei soccorritori. Di questi ultimi nove, tra i quali lo stesso Amundsen, perirono a causa della complessità dell’intervento e delle proibitive condizioni ambientali.
Il motorista di Rovato
Tra le vittime dell'impresa, come detto, vi era anche un rovatese: si tratta di Attilio Caratti, che del dirigibile Italia era il motorista. Nato nella capitale franciacortina il 5 maggio 1895, dopo essere stato abile meccanico in aviazione nella Prima Guerra Mondiale, Caratti diventò uno dei più apprezzati motoristi di dirigibili di tutta Italia. Lui stesso aveva fatto parte della missione di Amundsen del 1926: in quell'occasione sul Polo Nord Caratti volle portare con sé un pezzo di Rovato, l’effige della Madonna di Santo Stefano, ancora oggi venerata in Franciacorta. In quanto membro del Norge, l’impresa gli valse il titolo di cavaliere del Regno di Norvegia. Due anni dopo, il 15 aprile 1928 Caratti partì da Milano guidando il dirigibile «Italia» per la nuova impresa sull’Artico. Nobile lo definì «uomo dalla tempra eccezionale». Solo la tremenda bufera potè più della sua tenacia. Quando l'Italia si schiantò sulla banchina artica il rovatese fu tra i sei uomini che scomparvero nel cielo, trascinati dai forti venti polari. Nessuno li rivide più.
Il cimelio
La Tenda Rossa, anche se il suo colore è quasi del tutto scomparso, costituisce uno dei pochi oggetti di quella spedizione che si sono conservati fino ad oggi. Il suo restauro, lungo e delicato, è stato avviato nel 2008 grazie a un co-finanziamento di Regione Lombardia, e ha richiesto il contributo di numerosi esperti.
La tenda è attualmente esposta al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano (per informazioni: www.museoscienza.org), e si erge a testimonianza del rischio che l’esplorazione nelle terre estreme porta sempre con sé. Un pezzo di storia e un reperto di una grande avventura.
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