Cariadeghe e la suggestione del fenomeno carsico
Il territorio della provincia di Brescia può vantare, tra le sue emergenze naturalistiche, anche la presenza di alcune aree carsiche, diffuse soprattutto in contesti montani prealpini. Spicca tra queste l’ambito di Cariadeghe, che dispone ora di un nuovo strumento divulgativo.
Il volume
«L’Altopiano di Cariadeghe e il suo mondo sotterraneo» è il titolo del volume realizzato dalle associazioni speleologiche Underland e Agartis, primo di una collana destinata a contribuire a fare conoscere le caratteristiche del fenomeno carsico bresciano.
Cariadeghe è un toponimo che rimanda all’immagine di qualcosa di forato e di scavato. La carie è una patologia degenerativa che inizia a corrodere lo smalto e può arrivare a danneggiare l’interno del dente creando cavità. Anche il carsismo, con la sua lenta azione, si manifesta come silenzioso modellatore di cavità sotterranee.
Rocce calcaree
All’interno dell’area classificata Monumento Naturale dell’Altopiano di Cariadeghe, esteso per la maggior parte sul territorio del comune di Serle nella zona più meridionale della Valle Sabbia, affiorano diverse tipologie di rocce calcaree. Il Calcare di Zu e la Corna sono quelle tra le quali si aprono la maggior parte delle numerose grotte, a prevalente andamento verticale, localmente conosciute con il nome di «omber» o «büs». A molte di queste cavità si può accedere dal fondo o dal fianco di doline, depressioni naturali a forma di imbuto presenti in gran numero, di varia dimensione e profondità, in corrispondenza delle quali l’acqua piovana transita dalla superficie al sottosuolo.
I sentieri che attraversano questa zona sono spesso costretti a sviluppare la loro traccia proprio sul margine delle doline, e raggiungono il loro massimo limite altitudinale sulla cima del Monte Ucia alla quota di 1168 metri sul livello del mare.
L’osservazione
L’osservazione del fenomeno carsico sotterraneo nella sua suggestione è riservata a speleologi che hanno maturato adeguata esperienza e conoscenza delle tecniche di progressione in ambienti umidi, fangosi e talvolta caratterizzati da verticalità.
Il prossimo cambio di stagione segna, per gli speleologi, l’inizio del periodo ideale per organizzare battute in superficie alla ricerca di ingressi ancora sconosciuti. In inverno l’aria all’interno delle grotte è più calda e più leggera di quella esterna, e sale uscendo dagli ingressi più alti, che si rivelano osservando il vapore uscente o la neve sciolta in quei punti. Queste «oasi» che rilanciano la possibilità di nuove esplorazioni. Nel buio si sogna.
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