Campanula bergomensis, una nuova specie di fiore sulle Prealpi orobiche
Il riconoscimento di una nuova specie rappresenta sempre un momento lieto per la scienza, e allo stesso tempo una nuova tappa di conoscenza, e un’occasione per riaffermare il valore della natura e i motivi di stupore che continua a donare all’uomo. La rivista scientifica internazionale di botanica Phytotaxa ha recentemente pubblicato un articolo che certifica la presenza di una nuova specie di Campanula sulle Prealpi orobiche.
In Italia questo genere, che deriva il suo nome dalla forma di una piccola campana che assume la corolla, include più di 50 specie. In passato si riteneva che il nuovo fiore che ha preso il nome di Campanula bergomensis (Campanula bergamasca) appartenesse a una popolazione isolata di Campanula cespitosa, specie endemica delle Alpi Orientali diffusa nelle regioni del nord dalla Lombardia al Friuli Venezia Giulia, dove cresce su rupi e ghiaie umide, prevalentemente calcaree, dalla fascia altitudinale montana fino a quella alpina.
Le ricerche
Incuriositi dall’osservazione della particolare morfologia della sua corolla i botanici hanno avviato approfondimenti sulla forma e sulle caratteristiche genetiche e palinologiche. Tre diverse tesi di laurea hanno successivamente fornito le evidenze necessarie sulla diversità dei pollini e delle corolle, per mezzo delle quali si è potuto certificare ufficialmente il riconoscimento di una nuova specie. Le ricerche sono state condotte da un gruppo di esperti afferenti all’Università Statale di Milano, all’Università di Siena e all’Associazione Flora Alpina Bergamasca.
Alcuni esemplari della nuova specie sono stati cresciuti da seme, e sono attualmente in coltivazione all’Orto Botanico Città Studi della Statale di Milano per ulteriori approfondimenti.
Campanula bergomensis
Il nome assegnato di Campanula bergamasca si riconduce alla sua distribuzione esclusiva e ristretta nel territorio orobico, concentrata nella porzione orientale della provincia di Bergamo in zone piuttosto vicine al confine con il territorio bresciano, limitrofe a Clusone, Onore, Songavazzo e alla Val Borlezza. E proprio in considerazione del suo areale limitato viene auspicata l’adozione di opportune misure di conservazione.
Marco Caccianiga, coordinatore della ricerca e docente di botanica all’Università di Milano, ha affermato che questa scoperta dimostra in modo convincente come la biodiversità italiana riservi ancora molte sorprese e che le conoscenze sulla nostra flora e fauna siano tutt’altro che complete, a conferma di una davvero straordinaria ricchezza floristica delle zone prealpine.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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