Opinioni

Veneto, Zaia tra limite mandati e sfida politica nel centrodestra

L’impossibilità del presidente del Veneto a ricandidarsi apre nuovi scenari
Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Se dovesse essere confermato il limite dei due mandati per la presidenza delle regioni, in Campania e Veneto gli uscenti non potrebbero ricandidarsi. Zaia, in particolare, che ha in verità già fatto tre mandati (dal 2010) non potrebbe puntare alla conferma. In più, anche se il limite fosse abolito, ci sarebbe una questione politica: Fratelli d’Italia vuole governare una grande regione del Nord, perché è il primo partito del Paese e può rivendicare di fronte ai suoi alleati il diritto di avere presidenze «di peso». Così, poiché la Meloni ha messo nel mirino il Veneto, Zaia potrebbe andarsene o per il limite dei mandati o per una decisione politica. Tuttavia, in Veneto (dove i leghisti sono molto autonomi e fieri di esserlo, persino da Salvini, figuriamoci dalla Meloni) i sostenitori di Zaia stanno pensando di sfidare sia Roma, sia il leader leghista nazionale, presentando una candidatura e una lista autonoma (se possibile insieme a quella della Lega, se Salvini si piega e accetta) alle prossime regionali.

È un’operazione fattibile che potrebbe persino essere vincente. Infatti, se alle politiche del 2022 la Lega di Salvini ha ottenuto in Veneto solo il 14,7%, alle regionali ha avuto nel 2020 il 16,92 contro il 44,57% della lista Zaia. Tradotto: se nel 2020 Zaia avesse presentato la sua candidatura e la sua lista contro tutto il centrodestra avrebbe avuto il 44,57% contro il 22,43% di FI, Lega e FdI, senza contare che un eventuale centrosinistra largo aveva allora il 19,59% dei voti. Quindi Zaia ha i voti per vincere da solo, meglio ancora se con la Lega; la secessione dei veneti leghisti di Zaia non piacerebbe affatto a Salvini, che quindi dovrebbe appoggiare la lista e affiancarle quella del Carroccio, rompendo con la Meloni.

La questione non riguarda in alcun modo il centrosinistra, che in tutte le combinazioni non vincerebbe: per esempio, se nel 2022, alle politiche, si fossero presentati in Veneto la sola Lega, il centrodestra FI-FdI-Altri, il centrosinistra largo con centristi e M5s, avrebbe vinto la coalizione Meloni col 41,1% contro il campo larghissimo (39,2%) e la Lega (14,7%). La partita, dunque, è sempre e comunque interna alla destra.

La lista di Zaia, alle scorse regionali, ha preso quasi il triplo della Lega (916mila voti contro 347mila). Zaia, con l’intera coalizione di centrodestra, ebbe il 77%. Se oggi la sua lista è stimata al 40%, vuol dire che tutto il resto della coalizione – Lega compresa – non va molto oltre il 35%, quindi Zaia o un suo fedelissimo (se il limite dei mandati restasse) potrebbe vincere e prendersi la regione.

Riassumendo: Zaia ha un seguito che gli permette di creare grossi problemi al centrodestra in Veneto e magari di vincere con una sua lista; Salvini ha due problemi, perché se accontenta Zaia scontenta la Meloni e se cede la regione a FdI rischia la ribellione dei «lighisti» veneti; la Meloni vuole il Veneto, ma se non lo avrà si rivarrà sicuramente su Salvini e sulla Lega nazionale (non dimentichiamoci che un giorno si voterà in Lombardia, per esempio, dove FdI potrebbe pretendere e ottenere a tutti i costi la presidenza come compensazione per aver perso il Veneto). Un bel guazzabuglio politico, insomma, che nasce da un fatto tecnico (la norma sui mandati). In politica non ci si annoia mai.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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