I Mondiali del 2034 in Arabia tra politica, investimenti e indignazione

Gianluca Barca
Lo sport è quasi cieco e sordo davanti a ogni forma di violazione dei diritti umani e dei principi basilari della democrazia
L'assegnazione dei Mondiali 2024 all'Arabia Saudita - Foto Ansa/Epa/Stringer © www.giornaledibrescia.it
L'assegnazione dei Mondiali 2024 all'Arabia Saudita - Foto Ansa/Epa/Stringer © www.giornaledibrescia.it
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L’assegnazione, di fatto per acclamazione, della Coppa del Mondo di calcio del 2034 all’Arabia Saudita rilancia per l’ennesima volta il tema dei rapporti tra sport e politica. Con lo sport quasi sempre cieco e sordo davanti a ogni forma di violazione dei diritti umanitari e dei principi basilari della democrazia. si chiama «sport washing» che tradotto in parole povere significa rifarsi il look ospitando una grande competizione internazionale.

Cominciò il fascismo, nel 1934, con i Mondiali di calcio poi vinti dall’Italia, seguì, subito dopo, la Germania di Hitler con i famosi Giochi del 1936 di Berlino, poi nel dopoguerra, ci fu la vergogna della Coppa del Mondo di calcio organizzata nel 1978 in Argentina, con le madri di Plaza di Mayo che chiedevano aiuto per i loro figli desaparecidos nell’indifferenza del mondo, interessato soltanto ai gol di Kempes e Bertoni. I generali argentini ringraziarono per l’attenzione officiando la premiazione in mondovisione. Per disarcionarli ci volle il passo falso della guerra all’Inghilterra per le Falkand-Malvinas.

Due anni fa, per la costruzione degli stadi che ospitarono i Mondiali in Qatar si parlò di 6.500 morti fra le maestranze ingaggiate nel sud est asiatico. Mentre in Arabia secondo il network britannico ITV, dal 2016, sono morti almeno 21.000 lavoratori nepalesi, indiani e del Bangladesh arrivati nel paese saudita nell’ambito del progetto Vision 2030 che prevedeva investimenti pubblici nei settori di sanità, istruzione, turismo e intrattenimento.

In attesa delle Olimpiadi, il Mondiale sarà la ciliegina. Olimpiadi di cui Vladimir Putin fu gran cerimoniere della versione invernale, a Sochi nel 2014, cui fecero seguito i Mondiali di calcio del 2018, prima che la Russia finisse nella lista dei «cattivi», esclusa da tutte le grandi manifestazioni planetarie.

Dire di «no» ai soldi di Mohammad bin Salman è difficile per chi guarda lo sport con un solo obiettivo: fare denaro. Nelle scorse settimane il Guardian ha denunciato l’operazione che sta alle spalle della controversa Coppa del Mondo per club in programma la prossima estate in America e alla quale sono state invitate in rappresentanza dell’Italia, l’Inter e la Juventus. I diritti della manifestazione sono stati acquistati da Dazn per 1 miliardo di dollari.

Una cifra che, secondo gli addetti ai lavori, sarebbe significativamente più alta rispetto al valore di mercato (Fox aveva offerto solo 10 milioni di dollari per i diritti negli Stati Uniti). Ma Dazn, a partire dal 2019 ha registrato perdite di almeno 1 miliardo di sterline ogni anno.

E, sempre secondo il Guardian, il Fondo per gli Investimenti Pubblici dell’Arabia Saudita si starebbe preparando a presentare un’offerta di 1 miliardo di dollari per il 10% della società. In questo modo, il network di proprietà del miliardario anglo americano Len Blavatnik diventerebbe una piattaforma per promuovere gli investimenti sauditi nello sport, salvando al contempo il Mondiale per Club, che finora ha scaldato poco i cuori di sponsor e televisioni.

Una delle città che ospiteranno la Coppa del Mondo del 2034 non esiste ancora, si chiama Neom, ospiterà nove milioni di abitanti e sarà composta da una serie di comunità disposte su una linea retta, «The Line».

Qualche anno ancora e il Mondiale successivo si giocherà su Marte, ha detto qualcuno. Lo organizzerà Elon Musk. Ci andremo in astronave.

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