La meraviglia del prato rasato

Ci sono profumi che ti entrano nell’anima, che ti spalancano le porte dei ricordi riportandoti magicamente là dove hai vissuto momenti lieti, financo gioiosi. Per me la Val Palot è il profumo di erba appena falciata, quando da piccolo attraversavamo il bosco (che segnalava l’imminente arrivo) io chiudevo gli occhi e mi predisponevo a esserne inebriato. Sul sedile posteriore della nostra Fiat 127 color dissenteria ero pervaso dalla serenità.
Ancora oggi, quando mi prendo cura del mio prato meravigliosamente all’inglese, mi commuovo alle lacrime quando l’aroma di quei fili verdi appena falciati mi inonda le narici. E poi adoro accarezzare quel manto verde così uniforme, preciso, ordinato. A volte mi sdraio e come un fagiolo adagiato nel suo baccello osservo il cielo. Il prato rasato dovrebbe essere dichiarato patrimonio dell’umanità, ma non tutti la pensano così.
C’è infatti chi ritiene che l’erba non andrebbe tagliata per aiutare api e natura, sono per lo sfalcio ridotto, una versione aggiornata della decrescita felice. Queste persone sognano un mondo fatato dove non ci sono auto, dove si lavora tre giorni a settimana ma si è pagati come ora, dove si può star comodamente al parco ad ammirare (appunto) l’erba crescere. Sarebbe bellissimo, sarebbe. Perché poi c’è la realtà, i parchi (per esempio) vengono falciati anche per evitare che siano popolati da orde di zanzare, bisce o topi. Intanto sul tema degli sfalci dilaga la polemica sui social. Perché questo popolo, che vorrebbe correre libero inseguendo farfalle, a tutto rinuncia tranne che al telefonino. Vivono nello smartphone, che in effetti è molto, molto green.
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