La democrazia ha un padre ben preciso, il confronto

L'insediamento del presidente degli Usa è un evento che ci riguarda. Tutti. Di fatto Trump è, o dovrebbe essere, l'uomo più potente del mondo, quello che con una firma cambia i destini di guerre, economie, Paesi. Insomma: l'elezione di un nuovo presidente Usa è qualcosa di molto, molto importante. Gli americani lo sanno e, nel loro perfetto stile, accompagnano «l'insediamento» con tanto di cerimonie in mondovisione.
Ovvio che, con cotanta evidenza mediatica, anche il minimo dettaglio sia passato sotto la lente d'ingrandimento, setacciato alla ricerca di significati, reali o fantasiosi che siano.
Non possiamo restare indifferenti di fronte allo schieramento di potenza economica, e soprattutto tecnologica e informativa, che in giacca e cravatta ha fatto da cornice a Trump. Da Meta a Google, da X ad Amazon, da Apple fino ad OpenAi. Tutti, tutti i colossi presenti.
Società che hanno un patrimonio che supera quello di molti stati, società che raccolgono le nostre vite e che insieme sanno tutto di noi, società che, se spegnessero le macchine per una settimana, ci farebbero vagare per strada come zombie. Perché, sia chiaro, con i loro prodotti e servizi offline oggi, sicuramente, non saremmo in grado nemmeno di andare a fare la spesa nel supermercato dietro casa.
E va da sè che di fronte a tanto significato di siffatta nuova alleanza dovremmo interrogarci. A fondo. Ci dovremmo chiedere cosa possa portare tanta potenza tecnologica - ed economica - tutta insieme. Ci dovremmo interrogare soprattutto alla luce del fatto che mentre noi europei con orgoglio sventoliamo il regolamento sull'intelligenza artificiale, gli Usa si sono affrettati a sancire un «tana liberi tutti» nelle regole e «che l'economia e il potere possano galoppare». Vero, spaventoso. Ma non è questa la sede per approfondire il tema. Che merita ben altri spazi.
Quel che ci deve colpire, e soprattutto interrogare, è invece il fatto che a dividere l'opinione pubblica del nostro paese sia stato un gesto, un solo gesto: quello di Elon Musk.
Subito, testate online e semplici sconosciuti sui social, a leggere quel movimento. Qualcuno ha gridato «allarme, già ci si permette di restaurare il saluto fascista. Chissà che ne sarà del domani...». Qualcun altro ha minimizzato: «Voleva solo mimare l'intenzione di volare lontano». Chissà, forse fino a Marte. Nessuno può sapere dove stia la ragione.
Sta di fatto però che si è persa l'occasione di attivare un dialogo costruttivo e ci si è persi tanto per cambiare in un dibattito superficiale, e soprattutto di puro schieramento. E qui è venuta prepotentemente allo scoperto la nostra scarsa preparazione nell'approccio alle informazioni. Alle notizie. Specie online.
Forse è il caso di chiarire, partendo da un punto fermo: noi esseri umani siamo tutto tranne che sempre obiettivi e razionali. Ci sono infatti nella nostra mente degli automatismi, detti bias, che ci fanno pensare e agire in modo non sempre, diciamo, del tutto logico e per certi versi libero.
Tra i vari pare opportuno ricordarne due: il bias di conferma, che in pratica ci porta a cercare solo notizie che confermino la narrazione che preferiamo (o a leggerle in questo senso) e il cosiddetto «effetto bivio» secondo il quale di fronte ad un tema, specie se divisivo, ci si schiera in modo netto, senza lasciare spazio alcuno alle idee degli altri. È un po' quel che capita in alcuni talk show, nei quali gli invitati si urlano le loro «verità» senza nemmeno ascoltarsi.
Inutile dire che la vittima di questi approcci sia il dialogo. Ebbene, è questo il punto: la mancanza di dialogo. Dinanzi a un cambiamento storico, nel bene o nel male, mezzo Paese si è fermato a gridare la propria verità sul gesto di Musk. Nessun confronto. Nessuna attenzione verso l'opinione altrui.
Ma, ricordiamocelo, la democrazia ha un padre ben preciso: il confronto. È il dialogo costruttivo con chi la pensa diversamente che anima quel sentimento governativo che possiamo definire, appunto, democrazia. Se vogliamo trovare un nemico, non cerchiamolo nel gesto di Musk, ma nella nostra risposta a quel gesto. E se desideriamo tanto la democrazia, non riempiamoci la bocca con etichette frettolose, ma proviamo a chiederci perché gli altri la pensano in modo diverso. Solo in quel modo potremo ascoltare loro, e farci ascoltare. Perché se non lo facciamo, i primi nemici della democrazia siamo noi.
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