Una disavventura al Pronto soccorso del Città di Brescia

Vorrei segnalare un caso successo il 10 ottobre 2021 presso l’Istituto clinico Città di Brescia. Mia sorella (disabile al 100%) è giunta presso il Pronto soccorso della clinica sopra citata alle ore 9.45 con difficoltà respiratorie (probabile infarto in corso). I primi accertamenti sono stati effettuati: analisi ore 10.59 e elettrocardiogramma ore 11.50 (due ore dopo l’arrivo!). Io e mio figlio chiedevamo continuamente notizie suonando al citofono del Pronto soccorso. A volte rispondevano che aspettavano l’arrivo della cardiologa, a volte neppure rispondevano. Avevamo lasciato all’infermiera del Pronto soccorso il numero di cellulare per poter essere contattati, poiché eravamo all’esterno, in quanto non ci era permesso di starle vicino pure essendo una disabile con diritto di assistenza familiare. L’unica infermiera con la quale ci è stato possibile parlare ci ha detto che la situazione era grave, ma nonostante questo la cardiologa è arrivata dopo 5 ore circa. Soltanto verso le ore 17 abbiamo riprovato a parlare con un operatore uscito all’esterno il quale ci disse che era stata trasferita da circa un’ora alla clinica San Rocco di Ome dove le è stata praticata l’angioplastica e il medico che l’ha assistita durante l’intervento ha detto che «l’ha presa per i capelli». L’operatore ci ha pure detto che avevano chiamato sul telefono di casa e nessuno rispondeva (cosa non vera perché sul mio apparecchio telefonico non risultava alcuna chiamata persa proveniente da questo istituto), e come potevamo essere a casa se loro sapevano benissimo che eravamo all’esterno della clinica? Non mi è chiaro il motivo per il quale non ci abbiano avvisato del trasferimento e come sia possibile attendere più di 5 ore l’arrivo di una cardiologa. Mi scuso per il disturbo, ritengo comunque opportuno segnalare quanto accaduto affinché si possa evitare ad altri quanto è successo a me (mia sorella in seguito è purtroppo deceduta). Ormai la mia cara sorella non me la ridarà più nessuno, quindi non intendo andare oltre. L’unica cosa che chiedo nuovamente è più sensibilità verso i parenti dei pazienti e più sollecitudine verso i più deboli e indifesi, in modo particolare verso i disabili.
// Caterina ZintiliniVilla Carcina
Gentile signora, anzitutto le mie condoglianze per la scomparsa della sorella. Pur considerate le circostanze eccezionali in cui oggi è chiamato ad operare il servizio sanitario e ospedaliero nello specifico, occorre chiedersi come rendere più rispondente all’urgenza (!) il sistema dei Pronto soccorso, se l’attesa per un cardiologo/a deve protrarsi così a lungo. Ciò detto, la pacata esposizione di quanto accaduto in un momento di particolare tensione emotiva e nervosa come quello che segue al ricovero d’urgenza di un familiare, dovrebbe aiutare in particolare le strutture sanitarie e gli operatori sanitari, a sentirsi in dovere di mettere in campo quel surplus di comprensione e umanità di cui la maggior parte di loro si è sempre dimostrata capace, come attestano le centinaia di lettere di ringraziamento pubblicate in questa rubrica negli ultimi anni. Anche questa è in qualche modo una questione di cuore (ma non ha bisogno di attendere l’arrivo di un cardiologo). (g.c.)
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