Una certa sinistra a Chiari ha preferito far vincere la destra

Lettere al direttore
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Sono sempre affascinato dalle narrazioni a senso unico che taluni esponenti politici del nostro capoluogo riversano sulla provincia senza saperne granché. Una narrazione a senso unico e lontana dalla verità, a partire dai numeri che sembrano riportati con estrema cura, invece sono indicati a casaccio. Sarebbe ora di finirla di associare la politica dei Comuni a quella dei partiti. Piuttosto Claudio Bragaglio, della direzione regionale Pd, si faccia un esame di coscienza sul perché i partiti, soprattutto, nei Comuni di medie e piccole dimensioni sono sempre più in calo. In particolare, il suo. La questione di fondo è che un accordo si trova se si vuole trovare e non se si arriva con le barriere già alzate. Con poco più del 30% l’estrema destra clarense (perché di questo si tratta) governerà la città per i prossimi 5 anni. Cioè: «Cattivo Codoni che non ha voluto (o meglio potuto) allearsi con la sinistra e allora meglio l’estrema destra». Un ragionamento da masochisti della politica, ma questa purtroppo è la realtà. Undici anni fa ci siamo messi in tanti al servizio della città perché abbiamo visto una città allo sfascio, le fondazioni depredate, una fatale perdita di prospettiva e città a noi vicine che ci avevano superato in abitanti. Ricordo che la vittoria del 2014 è stata possibile in gran parte grazie alla discesa in campo di liste civiche esterne ai partiti politici tradizionali. Grazie soprattutto a queste è stato possibile strappare la città alla cattiva politica di una destra fallimentare. Nessuno (e sicuramente non io) ha mai messo in discussione l’utilità di essersi alleati con il Partito Democratico e di aver lavorato bene assieme, ma ricordo che al tempo il partito era quello di Renzi, con una propulsione riformista che oggi ha completamente perso. La realtà è che il Partito Democratico clarense (ed il Comitato Salogni) non ha speso una parola contro il candidato di estrema destra lungo tutta la campagna elettorale per poi scientemente decidere di consegnargli la città, favorendo le schede nulle, quelle bianche e soprattutto l’astensionismo. È evidente che ha prevalso la necessità di salvare un posticino in Consiglio (con la vittoria di Zotti il Pd non è scomparso come sarebbe successo se avesse vinto Codoni). Speriamo ne siano contenti. Vedremo comunque nelle prossime settimane se tutto questo aveva un prezzo «che spiegherebbe l’inspiegabile». Da parte mia posso sicuramente affermare che abbiamo una concezione pulita della politica, siamo civici e non calcolatori e il «mercato delle vacche» della politica non ci piace per nulla. «Arte» di cui sono, invece, esperti i vecchi politici. Il nostro unico obiettivo era quello di continuare questa stagione così prolifica di risultati - di non fermarci, di non prendere in giro la cittadinanza e soprattutto di non tornare indietro. L’arroganza non c’entra nulla, la strada bisogna percorrerla con chi condivide i valori per davvero, e questi non possono essere solo una tiritera senza capo né coda. Una certa sinistra purtroppo si considera ancora l’architrave della d emocrazia, anche quando raggiunge un consenso davvero modesto. E quando non può essere lei a dettare le carte piuttosto preferisce che tutto venga distrutto.
Domenico Codoni

Caro Domenico,

di fronte a certe dispute cerchiamo di avere il passo felpato dei gatti, sapendo che - un po’ come nella guerra dei Roses - basta poco per vedersi affibbiati la divisa di una parte o dell’altra. Perciò sul caso Chiari ci limitiamo a registrare questa vostra replica, appassionata e pertinente.

Sul tema generale, invece, quello accennato in un paio di passaggi (i partiti che nei Comuni di piccole e medie dimensioni sono sempre meno rappresentativi e una «certa sinistra» che spesso appare supponente) varrebbe la pena di discutere più in profondità. Magari non subito, che troppo calda è la pentola delle reciproche rimostranze. A settembre, diciamo. Ricordando che la politica è l’arte del possibile, pure in tema di riconciliazioni. Mentre chi è permaloso perde, sempre. (g. bar.)

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