Trapianto Midollo Un reparto che fa la differenza

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Vorrei raccontare a lei e ai suoi lettori una storia di buona-sanità, sia per ringraziare i protagonisti che per donare un po’ di speranza. Che a Natale è sempre un bel regalo.

Siamo all’Ospedale Civile, scala 5 piano 4. Un anno fa, in un anonimo pomeriggio autunnale, ci viene data una diagnosi allucinante. Una cosa che non sapevo cosa fosse, ma conoscendo un po’ di greco antico già avevo capito che si trattava di una di quelle parole che non vorresti mai sentire.

L’ipotesi del trapianto viene subito accolta dal mio papà con determinazione. Uno come lui, che ama la montagna, la natura, la vita, certo non poteva lasciarsi scappare questa opportunità. Sottolineo la parola opportunità: all’età di mio padre in tutta Europa sono poche le strutture ospedaliere che avrebbero proposto questa via e per fortuna Brescia è tra queste.

Inizia così il nostro viaggio, fatto di mascherine e calzari blu, emocromi e colazioni, attese e trasfusioni. Diventiamo tutti bravissimi a riconoscere quando i valori sono positivi e quando negativi. Attendiamo un donatore compatibile e scopriamo così che intorno a noi sono tante le persone iscritte al Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo.

L’attesa è uno degli aspetti più difficili da gestire. La lentezza esasperante dello scorrere di giorni tutti uguali, nei quali non accade nulla di significativo.

Poi due ricoveri ravvicinati fanno precipitare la situazione e il tempo inizia a correre troppo in fretta.

Il trapianto viene rimandato.

Ricomincia l’attesa.

I pianeti si allineano nuovamente, ma un dannatissimo quanto banale virus ci mette lo zampino.

Il trapianto viene rimandato. Ancora. Quando finalmente papà entra in ospedale, si parla mediamente di quattro o cinque settimane di ricovero. Che diventeranno invece quasi 5 lunghissimi mesi.

Papà entra appena prima dell’inizio dell’estate ed esce ad autunno inoltrato. Il trapianto riesce perfettamente. Ma gli succede di tutto.

Ogni giorno c’è una nuova complicazione: una febbre, un valore, un’infezione. Lui piano piano riesce a superare tutto, anche quando sembra che serva un miracolo - ci dicono proprio così, un miracolo - ecco, lui ce la fa.

Papà è a casa da un paio di mesi, ogni dieci giorni torniamo in reparto per le analisi di routine, come stamattina.

Tutti, medici, infermieri, specializzandi, operatori sanitari, lo chiamano per nome. Quando lo vedono gli chiedono come sta, ma si vede che lo fanno perché ci tengono. Sorrisi, battute, aneddoti.

Vorrei che queste mie parole arrivassero a ognuno di loro. Vorrei che mentre festeggiano le feste con le loro famiglie si rendessero davvero conto di quanto sia importante l’umanità che mettono nella loro professione. Ci sono giornate più dure di altre, la fine del turno certe volte sembra non arrivare mai. Ma un vostro sorriso, un vostro incoraggiamento, una pacca sulla spalla, quei due minuti in più dedicati ad ascoltare, ma ascoltare davvero, col cuore, quel paziente fanno la differenza.

L’hanno fatta per mio padre.

Al reparto Trapianti Midollo Adulti noi abbiamo trovato tutto questo. Persona

le attento, meticoloso, che fa squadra per supportare al meglio il malato, avvalendosi anche di specialisti di altri reparti quando necessario. Niente è trascurato, niente è lasciato al caso. E questo è certamente quello che ci si aspetta in una struttura come questa.

Ma la cosa che ci ha colpito di più è stata un’altra. L’umanità, la gentilezza, la voglia di creare una relazione col paziente, il farlo sentire prima una Persona e poi un malato.

Quindi... grazie. Grazie per i ghiaccioli di mezzanotte, per la ricetta del ragù di pesce, per il toast quando niente altro andava giù, per le «sgridate» a fin di bene, per l’aiuto per aprire la bottiglia di rosso, per i sorrisi, per il soprannome da gatto, per la coperta quella notte che avevo freddo, per tutte le notizie belle e brutte date sempre con delicatezza. Per aver gioito e sofferto con noi parenti ogni giorno.

Concludo quindi con un grazie di cuore a tutto lo staff del professor Russo, e un ringraziamento in particolare va al professor Malagola, al dottor Morello, al professor Avenoso, al dottor Galli e al dottor Magliano.

Grazie per come avete trattato il mio papà.

Un abbraccio di felici festività a voi, a tutti i pazienti ancora ricoverati e a tutte le famiglie.
Barbara Bonzi
Ospitaletto

Cara Barbara,

l

’attenzione fa sempre la differenza e il prendersi cura va assai al di là della semplice diagnosi e somministrazione di farmaci. Una vicenda, la vostra, che apre il cuore alla speranza e combatte il pessimismo, confidando che il buon esempio sia contagioso, affinché il reparto Trapianto Midollo Adulti non sia eccezione, bensì regola. Rilanciamo dunque il suo grazie e ci associamo nell’abbracciare tutti i pazienti lì ricoverati. In questi giorni di feste e lustrini non possiamo infatti dimenticare chi affronta una sofferenza. (g. bar.)

P.S. «Farlo sentire una Persona». Con la P maiuscola, come l’ha scritto lei. Che bella cosa. Una lezione che dovremmo imparare tutti e altresì un buon proposito per l’anno a venire, da applicare con chiunque ci si trova di fronte, a prescindere da censo, condizione, provenienza, circostanza.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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