Sulla Corda Molle il ministro scrive ma non convince

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Comuni, residenti e imprese serviti dalla «Corda Molle» sono preoccupati. Da qualche settimana si stanno installando le telecamere «che sembrano» preludere al temuto pedaggio della strada. Dopotutto il territorio lì sotto ha lasciato un bel pezzo di provinciale che era gratuita da prima che inventassero le auto. E allora che si fa? Per assonanza di iniziale e di atteggiamento volitivo si fa come con Superman. Si accende un faro che scrive in cielo una grande «S» e arriva... Salvini, che con un fiume di parole garantisce al «suo» popolo che la Corda molle (che già nel nome è il tragicomico capolinea di quello che una volta era il celodurismo...) non s’ha da pagare! Ma succede che i tempi cambiano e la fiducia nelle parole non è più quella di una volta, quindi serve un atto da vero supereroe, tipo una lettera del Ministero. La lettera arriva e viene sbandierata, ma a leggerla il ministro scrive una storia molto diversa da quella che ha raccontato. Perché dice che «in corso d’anno non è contemplato alcun incremento tariffario per il transito sulla tratta in questione». Il fatto è che la lettera dice chiaramente che se il pedaggio nel 2024 non aumenta è proprio perché il pedaggio è previsto dalla Convenzione e al massimo possiamo gioire che non sia (per ora) più caro e che sarà applicato... dopo le elezioni. Già, perché le telecamere costano e non servono a contare le auto, per quello ci sono tecnologie molto più semplici e non ne servono così tante e soprattutto non serve che leggano le targhe. Quanto poi al fatto che se anche tornasse, il fantasma del pedaggio sarebbe risucchiato dai «Ghostbuster» della nuova azienda nazionale autostrade, ci dica il ministro se vale anche per i disgraziati Comuni, residenti e imprese della Milano-Meda che diventerà Pedemontana, oppure se la tariffazione al nord di strade che prima erano gratuite sarà compensata dalla tariffazione di autostrade che gratuite lo sono sempre state, tipo il Grande Raccordo Anulare di Roma e tutte le autostrade che Anas gestisce al sud, che quello almeno sarebbe un gesto di equità. Altrimenti davvero non resta che tornare mesti al rimpianto manifesto della vecchia Lega: «Lumbard, paga e tàs!»
Dario Balotta

Caro Dario,

ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Almeno per le nostre tasche. E ci spiace tornare su questo argomento nel volgere di pochi giorni, ma al di là della questione in sé, sulla quale s’è detto molto e resta poco da eccepire, la sua lettera ci dà modo di affrontare due questioni.

La prima è la necessità per i politici - tutti i politici, di destra e sinistra e centro - di tenere il piede in due scarpe: quella di raccolta del consenso e quella dell’azione di governo. Finché si sta all’opposizione, l’operazione risulta facile, ma appena ci si siede dove si pigiano i bottoni che contano cominciano i dolori. Il caso della Corda Molle ne è un esempio limpido: il leader politico Salvini ha tutto l’interesse a non far pagare alcun pedaggio, il ministro Salvini sa che di quel pedaggio non si può fare a meno. Da qui balletti e balbettii.

La seconda invece riguarda proprio la Lega, che sorta come rivendicazione di un Nord ritenuto ingiustamente vessato, ora che ha deciso di allargare i propri confini oltre la linea del Reno fatica a tenere uniti i bordi di ciò che prima si voleva dividere. Anche in questo caso, il passaggio per non cocciare da una parte o dall’altra è stretto, necessitando di buone dosi di equilibrismo.

Se politicamente Salvini uscirà vincente dall’impresa oppure no, lo scopriremo dopo il 9 giugno. Sul pedaggio della Corda molle invece temiamo che a perdere saranno i bresciani, così come i lombardi per quanto riguarda la Pedemontana. In caso contrario, chiederemo scusa e brinderemo. (g. bar.)

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