Striscioni e scritte provocatorie Il peso delle parole

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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In questi giorni assistiamo a una reazione sproporzionata e repressiva nei confronti di alcuni studenti, colpevoli solo di aver espresso un’opinione scomoda. Abbiamo esposto uno striscione e diffuso una fotografia per portare avanti una critica politica e ci ritroviamo a essere additati come criminali, perseguitati da provvedimenti disciplinari e minacciati con conseguenze sproporzionate. Vogliamo dirlo chiaramente: non ci pieghiamo a questo attacco politico. La libertà di espressione è o non è un diritto garantito dalla Costituzione? Nessuno di voi può decidere quali idee sono ammesse e quali no. La nostra è stata una provocazione politica, una denuncia di come l’antifascismo sia uno strumento di controllo ideologico, usato per zittire chiunque non si allinei a certe posizioni. Non abbiamo usato violenza, non abbiamo minacciato nessuno, non abbiamo offeso nessuna memoria. Abbiamo espresso un’idea, forte e diretta, come spesso accade su ogni sponda del dibattito politico giovanile e studentesco. Se questo basta per scatenare provvedimenti punitivi e campagne diffamatorie, allora il vero problema non siamo noi, ma il clima soffocante che si sta creando nelle scuole e nelle università: perché cori come quelli sentiti all’Università La Sapienza di Roma - «Uccidere un fascista non è reato» - non hanno sollevato lo stesso turbine d’indignazione? Ci chiediamo: la libertà di espressione vale solo per alcune idee? Siamo davvero in una scuola che educa al pensiero critico? Il nostro dissenso, anche quello più duro, è sacrosanto come quello di tutti i giovani che si impegnano politicamente. Lo affermeremo sempre. Vogliamo che la scuola torni a essere un luogo di confronto e non di indottrinamento. Vogliamo che chi dovrebbe insegnare i «valori democratici» smetta di fare il commissario politico. Non arretriamo di un passo. Non ci fate paura. I. Abbiamo esercitato un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione: la libertà di espressione. La nostra azione rientra nel diritto di critica politica e nel confronto pubblico su temi di rilevanza nazionale. Contestare o provocare un dibattito, anche con toni forti, fa parte della dialettica democratica e non può essere considerato automaticamente un reato o una colpa. II. Non abbiamo usato violenza, non abbiamo minacciato nessuno e non abbiamo arrecato danni alla proprietà pubblica o privata. L’esposizione degli striscioni è stata una forma di dissenso pacifico, come tante altre manifestazioni di opinione che avvengono quotidianamente senza conseguenze punitive. III. Il messaggio «Antifascismo = Mafia» è una provocazione politica. Volevamo evidenziare (e ci siamo riusciti) le contraddizioni nell’antifascismo contemporaneo, che in alcuni casi viene strumentalizzato per fini politici o per estromettere il dissenso da una logica dialettica. È un’opinione critica, non un’affermazione diffamatoria. IV. Non abbiamo parlato di storia. Sugli striscioni non è stata in nessun modo screditata l’esperienza partigiana, che in ogni caso non può essere esente da legittime c ritiche come tutti i fatti storici. Il nostro intento era ed è criticare atteggiamenti e pratiche che oggi sono strumenti di censura o repressione del dissenso. V. Le misure punitive contestate sono eccessive rispetto al fatto in sé. In una democrazia non si può reprimere il dissenso con pene sproporzionate. Se ogni forma di protesta scomoda viene punita in modo severo, allora il problema è la libertà di espressione nel nostro Paese. VI. Non ci sono prove certe che dimostrino il coinvolgimento diretto di singoli individui nell’esposizione degli striscioni se non la prassi delatoria di altri studenti. Siamo pronti a difendere il diritto di esprimere opinioni politiche senza subire processi sommari o accuse infondate.
Il Blocco Studentesco

Alla vostra lunga missiva potremmo obiettare punto per punto, andiamo invece al sodo, replicando che al diritto di esprimere un’opinione deve rispondere il dovere della ragionevolezza e dell’onestà, prima di tutto intellettuale.

Esporre striscioni con scritto «antifascismo = mafia» non è una provocazione, bensì una scempiaggine assoluta di cui arrossire. È proprio sul valore condiviso dell’antifascismo infatti che hanno fondamento la Costituzione e la democrazia che voi stessi invocate a garanzia di libertà, mentre fascismo e mafia sono l’esatto contrario: regimi in cui la libertà non è accettata e chi dissente messo a tacere con la violenza. Altro che le «misure punitive» e «pene spropositate» che lamentate ora e qui.

Sia detto senza boria, ma con fermezza. Che il dissenso è tollerabile, la stupidaggine no. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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