Storia (a lieto fine) del ragazzo fuori dalla forneria
Lettere al direttore
AA
Vorrei condividere con i lettori un episodio che mi ha profondamente commossa. Da una decina d’anni vivo in piazzetta Tito Speri e, negli ultimi tre, passando ogni mattina davanti alla forneria di Maurizio Sarioli, il mio sguardo ha incrociato quello di un giovane di colore, sorridente e garbato, grato a chiunque gli offrisse qualcosa per vivere. Da qualche tempo non lo vedevo più e ne ero dispiaciuta ma, complice il fatto che sono ormai spesso lontana da Brescia, ho attribuito a una coincidenza la sua assenza. Tuttavia non ne ero così convinta e, quando mi tornava alla mente, auspicavo per lui una vita felice, ovunque egli fosse. Proprio questa mattina, mentre attendevo in forneria il mio turno, ho gettato un’occhiata al laboratorio che si scorge appena oltre il bancone e con mia somma gioia ho intravisto quel ragazzo che, con un sorriso disarmante e felice, richiamava la mia attenzione salutandomi dopo aver infornato una pagnotta. Ed ecco gli occhi bagnarsi di lacrime di fronte all’ennesimo meraviglioso gesto d’amore verso il prossimo compiuto da Maurizio e dalla sua famiglia che hanno dato compimento concreto al comandamento evocato nel Vangelo di domenica: «Ama il prossimo tuo come te stesso». Grazie Maurizio per averci ricordato che ciascuno, secondo le proprie possibilità, può fare gesti di carità. E grazie per aver dato fiducia a quel giovane al quale tutti i clienti sono affezionati!
Una residente della Piazzetta
Ca
rissima,
un lieto fine rende bella ogni storia, così come dà senso a tutto ciò che la precede, comprese difficoltà, mancanze, sofferenze. E quella che ci ha raccontato oggi - e che riprenderemo in cronaca nei prossimi giorni - non necessita di altro. Perché l’unica «integrazione» è quella dei fatti e non solo delle parole. (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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