Sono una nonna e chiedo un lavoro per mio nipote

Lettere al direttore
AA
Sono una nonna di novantun anni (classe 1933). Ho un grosso dispiacere e non so più a chi rivolgermi per ricevere un aiuto. Ho un nipote di trent’anni, sfortunato perché dopo la morte della madre (mia figlia) di Covid nel 2020, gli si è manifestata una malattia rara. Il datore di lavoro di allora lo ha consigliato di fare domanda di invalidità e rientrare nella legge che assume invalidi. Da allora, dopo numerose domande ad agenzie, servizi sociali, sindaci e altri, nessuno lo assume, nemmeno in prova, perché, dicono, non ha esperienza. Ma come può imparare se non incomincia a lavorare? Mio nipote ha il diploma di geometra, ma senza lavoro è costretto a farsi mantenere dal padre pensionato. Lui è un bravo ragazzo, volenteroso. Ci sarà qualcuno disposto ad ascoltare questa anziana nonna e dare lavoro e dignità ad un giovane che chiede una cosa legittima per poter vivere? Il lavoro? A voi che avete la possibilità di farvi ascoltare chiedo un grande favore, un aiuto, anche se assurdo fatto da nonna a nipote, un piccolo impiego, per favore! Non so se mi sono spiegata a sufficienza, lo spero tanto. Chiedo perdono se ho disturbato e ringrazio vivamente.
Lettera firmata
Carissima,
abbiamo un dispiacere. Non grande come il suo, certo, ma che ad esso è connesso: non poter allegare ad ogni copia del giornale il foglio a righe sottili che ci ha inviato, con la sua scrittura malferma ma nitidissima, che trasuda insieme amore e sofferenza.
Perché se gli occhi di tutti i nostri lettori potessero vederlo, toccarlo, quel foglio, certo proverebbero un poco sulla loro pelle ciò che sente lei e noi, di riflesso. E allora trovare quel posto di lavoro, offrire un’opportunità magari protetta, ma seria, a quel suo nipote, non sarebbe un terno al lotto. Peccato dunque. Pur se proviamo lo stesso a rilanciare l’appello, confidando che esista un cuore buono e che venga raccolto. (g. bar.)
Lettera firmata
Carissima,
abbiamo un dispiacere. Non grande come il suo, certo, ma che ad esso è connesso: non poter allegare ad ogni copia del giornale il foglio a righe sottili che ci ha inviato, con la sua scrittura malferma ma nitidissima, che trasuda insieme amore e sofferenza.
Perché se gli occhi di tutti i nostri lettori potessero vederlo, toccarlo, quel foglio, certo proverebbero un poco sulla loro pelle ciò che sente lei e noi, di riflesso. E allora trovare quel posto di lavoro, offrire un’opportunità magari protetta, ma seria, a quel suo nipote, non sarebbe un terno al lotto. Peccato dunque. Pur se proviamo lo stesso a rilanciare l’appello, confidando che esista un cuore buono e che venga raccolto. (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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